03 Marzo 2021, 06:04
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PALERMO – Politici, burocrati, professionisti, faccendieri, facilitatori e imprenditori. Sono tante le identità coperte dal segreto istruttorio nell’inchiesta della Procura di Palermo sulla corruzione nella sanità pubblica.
Le confessioni di Fabio Damiani, che della burocrazia regionale è stato un pezzo da novanta, hanno aperto nuovi capitoli investigativi. I pm di Palermo si stanno confrontando con un mare magnum di appalti assegnati con gara pubblica e affidamenti diretti. C’è molto di più del materiale confluito nel processo che vede imputati oltre a Damiani, anche Antonio Candela, Giuseppe Taibbi, Salvatore Manganaro, gli imprenditori Salvatore Navarra (Pfe Spa), Francesco Zanzi e Roberto Satta (Tecnologie Sanitarie), Angelo Montisanti (Siram).
Scorrendo i verbali resi da Damiani il 20 e 29 novembre scorsi si scoprono interi paragrafi omissati, certamente oggetto dei successivi interrogatori di cui nulla si conosce perché non ancora depositati.
Agli atti dell’inchiesta ci sono figure misteriose per tutti, tranne che per i magistrati e i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria.
C’è il personaggio con cui Damiani si incontrava in un appartamento di proprietà di Manganaro, nei pressi dell’Accademia delle Belle arti, a Palermo. Erano i giorni caldi i cui si decideva l’esito di importanti gare di appalto.
C’è il consigliere giuridico, artefice delle mosse che servirono per superare gli intoppi emersi durante le gare, e il milanese che aiutò Manganaro ad attivare un trust per schermare i suoi beni.
C’è colui che sponsorizzava una ditta concorrente a Siram nell’appalto milionario per l’efficientamento tecnologico. Un personaggio tanto potente da scatenare, dice Damiani, un “conflitto istituzionale”. Un potere che, però, non gli bastò per vincere l’appalto. Alla fine dovette cedere ai “desiderata” di Candela.
Ci sono gli uomini che sedevano al tavolo delle commissioni di gara che nei racconti di Damiani sono o colpevolmente distratti o addirittura conniventi.
C’è colui che d’intesa con Salvatore Navarra divenne consulente di Damiani nella stesura del capitolato di appalto per le pulizie cucito su misura sulle esigenze della Pfe.
C’è il funzionario dell’Asp di Palermo che “fece vincere un sacco di procedure a Manganaro“. Persona diversa rispetto ad un altro funzionario, e grande amico pure lui di Manganaro, con cui Damiani dovette fare i conti al suo arrivo al Provveditorato per le opere pubbliche dell’azienda sanitaria palermitana. Di lui Damiani dice che Manganaro gli fece persino sostituire le porte dell’abitazione privata che aveva ristrutturato.
Ci sono gli uomini del lavoro sporco. Come in due che accompagnarono una sera Manganaro al Provveditorato, di cui aveva le chiavi, per cambiare la busta con l’offerta per la gara poi vinta da Tecnologie Sanitarie. Una busta chiusa, si fa per dire, in cassaforte.
Ci sono tanti imprenditori, che pagano stipendi onerosi ai faccendieri, per avere dei canali privilegiati all’interno degli ospedali dove partono le ordinazioni del materiale sanitario. Sono gli stessi imprenditori che presentano offerte di gara al rialzo con la precisa volontà di fare vincere qualcun altro perché sanno che prima o poi il favore sarà loro ricambiato.
E poi ci sono gli uomini che giocano ad un tavolo di livello superiore. Soprattutto politici, come lo “zio”, grande amico di Navarra, uomo delle trame oscure, che si interessò per la nomina di Damiani alla centrale unica di committenza, la stanza dei bottoni degli appalti pubblici. Ne discussero in un ristorante davanti al mare di Mondello, la spiaggia dei palermitani.
Ed ancora l’eurodeputato che si attivò affinché Damiani, nominato manager all’Asp di Trapani, fosse posto in aspettativa all’Asp di Palermo dove un giorno, forse, sarebbe voluto rientrare.
Quale sarà lo sbocco delle indagini è presto per dirlo, ma l’inchiesta sulla sanità è un pentolone che ribolle.
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03 Marzo 2021, 06:04