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Verdone pensa, ma non convince

La Recensione di "Io, loro e Lara"
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Dopo l’abbuffata natalizia di cinepanettoni, tra assurde vacanze a Beverly Hills e improbabili sosia di Marilyn Monroe, gennaio è il mese chiamato a riportare ordine nell’affaticata pancia del pubblico cinematografico italiano. A giocare il ruolo dell’Alka-Seltzer ci dovrebbe pensare Carlo Verdone che torna sul grande schermo con la sua nuova commedia: “Io, loro e Lara”.
L’attore e regista romano stavolta è don Carlo Mascolo,050120103995 un prete dall’anima candida che fa rientro in Italia dopo dieci anni trascorsi in Kenya, impegnato in una difficile missione umanitaria. Ma la realtà romana che attende il protagonista non è più quella lasciata anni prima, apparendo adesso molto più ostile e complessa rispetto a quella vissuta nella profonda Africa nera. La vita di don Carlo viene letteralmente stravolta dalle vicende di una famiglia, la sua, in cui a regnare sovrano è soltanto il caos e la crisi dei sentimenti.
Messe da parte le maschere che lo hanno reso icona vivente del cinema nostrano, il regista di “Un sacco bello” stavolta punta decisamente su qualcos’altro: la riflessione. La lontananza dall’Italia durata un decennio, ha reso l’ingenuità e la purezza di padre Mascolo il mezzo più efficace per mettere a nudo la debolezza e la precarietà dei sentimenti della sua famiglia che in questo film, più che in qualsiasi altro di Verdone, diviene paradigma dell’intera società d’oggi.
Al di là di questa nobile dichiarazione d’intenti però, il nuovo film che Verdone dedica a suo padre scomparso durante le riprese, potrebbe apparire tra i meno incisivi della sua produzione per una serie di limiti evidenti. Innanzitutto la pressochè totale assenza di situazioni realmente divertenti. La comicità alla quale Verdone ha abituato il suo pubblico, fatta eccezione per qualche sporadica gag, latita per quasi tutti e 120 i minuti, e la rinuncia all’ilarità, veicolo fondamentale anche per i messaggi più profondi, rischia di comprometterne la trasmissione.
050120104004Altro limite appaiono i contorni fin troppo sfumati di alcuni personaggi, in primis quello della protagonista femminile Lara, la bellissima Laura Chiatti, che risulta come sospesa tra una passato-presente incerto fatto di depressione, amanti sbagliati e corteggiatori fuori di testa, e un futuro altrettanto enigmatico inserita in un contesto che, comunque, continua a risultarle estraneo. Un deficit che le impedisce di conferire il giusto spessore al suo ruolo, restando un diapason inascoltato per situazioni che potrebbero evolversi in maniera più ampia nel contesto della storia.
Discorso diametralmente opposto, invece, va fatto per certi passaggi inseriti con qualche forzatura nel curso della storia, come l’improbabile sparatoria che coinvolge ad un certo punto i protagonisti tranquillamente seduti a tavola.
Poco sfruttata, infine, la partecipazione di Angela Finocchiaro. La simpatica attrice milanese, che spesso in passato ha saputo risollevare le sorti di storie piatte e prive di appeal,  viene sacrificata in un ruolo troppo ridotto che finisce per limitarne le straordinarie capacità comiche.

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