PALERMO – Si conoscevano in piazza, la sera al Borgo Vecchio. Iniziavano una relazione. Quando la donna cominciava la propria attività da badante o governante, si pianificavano i furti, le strategie da adottare per svaligiare le abitazioni dei datori di lavoro. Questa la dinamica che le indagini della squadra mobile guidata da Rodolfo Ruperti ha fatto emergere: ad entrare in azione erano coppie di rumeni, nelle quali le donne avevano un ruolo fondamentale.
Il loro reclutamento avveniva sempre nello stesso luogo. “I componenti della banda – dice Carmine Mosca dirigente della sezione Criminalità stranieri – si trovavano spesso nella zona del mercato di Ballarò o al Borgo Vecchio, dove trascorrevano nei pub le ore libere. Tra i tavolini dei locali iniziavano i contatti, quei rapporti che consentivano agli uomini di ottenere le informazioni utili per mettere a segno i furti e le rapine”.
Le compagne, approfittando della fiducia dei padroni di casa, riuscivano a farsi consegnare le chiavi degli appartamenti o a permettere l’ingresso in casa ai loro compagni che in pochi minuti “ripulivano” le stanze, scappando con refurtiva per centinaia di migliaia di euro. Nell’operazione sono finiti in arresto dodici rumeni ed un palermitano: Constantin Ilioae, 32 anni; Constantin Stancu, 35 anni, Florin Niculae, 30 anni; Gheorghe Cristian Marciuc, 41 anni; Roxana Cornelia Anghel, 36 anni; Mihaela Ursache, 29 anni; Michele Tirone, 45 anni; Ivanoe Nicolae Bonculescu, 42 anni; Florin Roger Antonescu, 32 anni; Marius Adrian Birsus, 27 anni; Constantin Matei, 32 anni; lon Ilie Virgili, 22 anni; Dumitru Adrian Hinoveanu, 25 anni.
La banda si muoveva su più fronti e in tutta la Sicilia. I quartieri più battuti a Palermo erano quelli della zona residenziale, come nel caso del maxi colpo messo a segno a casa di un chirurgo palermitano, in una traversa di viale Lazio. Qui una governante rumena che lavorava per il professionista ormai da cinque anni, aveva avuto in consegna le chiavi, perché il professionista si trovava all’estero per lavoro e, dopo le faccende domestiche, la donna avrebbe dovuto restituirle al portiere. Ciò non era avvenuto: la colf aveva in mente ben altro. Roxana Cornelia Anghel, si era presa la libertà di poter entrare ed uscire da quella casa e di contattare immediatamente i suoi complici, in base alla ricostruzione degli inquirenti, Florin Niculae e Constantin Ilioae, che avrebbero raggiunto la donna insieme ad una loro connazionale, Mihaela Ursache.
La collaboratrice domestica li aveva avvisati: “Ho una combinazione”, ovvero, c’era la possibilità di mettere a segno un colpo. A passare al setaccio l’appartamento sarebbe stato Nicolae, che intorno alle 2,30 del 27 giugno dello scorso anno ha chiamato Ilioae, all’esterno del palazzo per segnalare eventuali pericoli: “Se vedessi cosa c’è qui dentro rimarresti sbalordito”. E poi gli ha chiesto aiuto: la refurtiva era troppa, era necessaria la presenza di un’altra persona. “Vieni sopra che non posso, mi serve qualcuno. Tieni la luce, tienila in bocca che io guardo verso la strada però dai vieni, che se non ho lo forza da solo, ho finito le energie”. La banda di rumeni a quel punto aveva già fatto più di tre viaggi per trasportare la refurtiva dall’abitazione al seocndo piano fino al furgone.
E, l’indomani, la governante rumena era sparita. Nessuna traccia, non rispondeva nemmeno al telefono e aveva anche cancellato il proprio profilo da Facebook. Il figlio del professionista aveva nel frattempo trovato la cassaforte forzata e la casa al soqquadro: era stata letteralmente svaligiata. La banda aveva portato via numerosi carnet di assegni, mille euro in contanti, gioielli in oro, sedici chili di argento, tra cui posaterie e cornici, un computer portatile Macbook, per un totale di 150 mila euro di refurtiva.
Dopo il colpo Anghel è scappata in Romania: stamattina all’alba la polizia l’ha rintracciata a Crema, in provincia di Cremona. Nel corso delle indagini la Ursache, che avrebbe preso parte al colpo, ha raccontato agli inquirenti di essere stata costretta dal compagno: l’uomo l’avrebbe picchiata più volte nella loro abitazione del centro storico e, anche in quell’occasione, sarebbe stata minacciata davanti al figlio di diciotto mesi.