La vile aggressione ai medici, ma Catania non cede alla violenza

La vile aggressione ai medici, ma Catania non cede alla violenza

Da baluardi della pandemia a inaccettabile bersaglio di prepotenza

CATANIA – Non si può ridurre tutto solo a una questione di brutalità spicciola. La faccenda è da tempo, invece, molto più severa e profonda. L’aggressione ai due medici pediatri del Policlinico di Catania racconta solo l’ultimo, sempre ingiustificabile, schizzo di follia, in una lunga scala di eventi inaccettabili, nel contesto nazionale.

Una violenza gratuita che ha tolto serenità alla missione di essere medici e infermieri. Come si fa a svolgere il proprio mestiere sapendo che c’è gente da curare e assistere che non ha stima e rispetto del tuo lavoro? Una violenza acuitasi proprio all’indomani dell’emergenza pandemica nella quale il personale medico è stato identificato come baluardo della lotta al virus.

Ma il punto probabilmente è anche un altro e riguarda la violenza come fenomeno sovrastante. Nel nostro mare naviga quotidianamente – proprio di fianco a noi – anche chi conduce una vita diametralmente opposta: con la barbarie incisa in ogni gesto. La violenza che si mescola alla normalità. Ci sono i padroni del sopruso, intrisi di rabbia.

Utilizzano la forza bruta. Assieme ad atteggiamenti arcaici e prepotenti che hanno la capacità di intimorire. Di più: di terrorizzare. Quelli che, dalle nostre parti, si sentono in diritto di imporre la legge – già sperimentata – che va bene per qualsiasi reclamo del “uscarisi u pani”. Esibendo una qualunque forma di intimidazione, rigorosamente violenta, per arrivare ad ottenere le cose. Lo stesso metro, in generale, può valere per la visita che riguarda un proprio familiare. Un proprio caro, un proprio amico.

E la gara di solidarietà, che scatta un minuto dopo l’aggressione al medico di turno, non serve più a niente, se non a coprire lo strappo con l’affetto. Infatti, ci vuole di più: ogni medico o infermiere aggredito è una picconata alla qualità dell’assistenza fornita ai pazienti. Ma pure al diritto di tutti gli altri, costituzionalmente garantito, alla salute.

Serve una presa di coscienza collettiva. Come sta avvenendo in una Catania, sconvolta dalle aggressioni, che, fortunatamente, ha deciso di reagire e di non rassegnarsi, con un coro di consapevole indignazione.


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