Vito e la maglia infinita | “Palermo, ti amerò sempre”

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24 Febbraio 2019, 06:30

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PALERMO – Esperimento immediato, dalla semplice attuazione. Entrate in un bar qualunque e gridate ‘Vito-gol!!!’. Quasi tutti smetteranno di fare quello che stanno facendo – qualcuno resterà con la tazzina di caffè sospesa, altri come cristallizzati in un spazio di vetro, immortalati nel morso all’arancina al burro – e si volteranno all’istante. I più maturi, con qualche capello grigio, magari, cominceranno a piangere, in un inestricabile groviglio di felicità e nostalgia.

Anche chi non c’era a quei tempi, pure chi ha appena ascoltato le gesta di un’epica gloriosa, non rimarrà indifferente al tiro scagliato nella rete delle memorie intorno a Vito Chimenti, cannoniere e campione, che indossò la maglia rosanero e legò un popolo a sé per l’eternità.

Il suo nome è tornato pubblicamente alla ribalta da quando Dario Mirri, l’imprenditore che è sceso in campo in un momento difficile della società di Viale del Fante, lo ha celebrato quale inestimabile pegno di un amore che non si consuma. E lui, Vito il centravanti, dall’altro capo del telefono, si schermisce di tanta dedizione. E’ sempre stato un uomo schivo, pago del suo mestiere di vivere e di segnare, ma si capisce subito, prima che lo dica, che è innamorato di una città innamorata di lui.

“Sono grato e commosso – dice –. So che tanti mi vogliono bene e che sono legati a me come io a loro. Ho ringraziato Dario con una telefonata, è una persona seria che dimostra di avere a cuore le sorti della squadra. Stiamo vicini a chi vuole salvare il Palermo. Io credo molto nel Palermo dei palermitani. L’idea mi piace”.

Si chiacchiera. Si affastellano ricordi che somigliano a coriandoli sospinti dal soffio del rimpianto. Una finale di Coppa Italia persa, per accanimento e dannazione, contro la Juventus dei grandi. Chimenti che brucia Zoff al primo minuto, poi esce, per infortunio. E i bianconeri che capovolgono la sorte della gara e un intero destino. “Mi fa male ancora, tanto male – dice il protagonista di quel prodigio -. Forse, se non fossi uscito perché non mi reggevo in piedi, l’avremmo portata a casa. Io gettavo la spugna solo se stavo malissimo. Fu una tremenda sfortuna. Gli anni passano e non dimentico. Ho il magone qui…. Io amo Palermo, non ho mai smesso di amarla. Ho il cuore rosanero”.

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Chimenti è l’ultimo dei romantici, generoso, combattivo. Si capisce dagli occhi buoni, dalla voce e dalla brusca gentilezza di uno che ha pudore nel mostrarsi. Una figurina Panini da non dare mai via. Un eroe solitario, da pallone narrato nelle storie di Soriano o di Valdano. Quando la vittoria non va sempre a chi la merita, ma tu non lascerai mai alla deriva gli onesti che camminano a testa alta.

“Eravamo persone più che personaggi – continua – a disposizione dell’amore e dell’attenzione di tutti. Eravamo attaccatissimi alla maglia e alla gente e la piazza ci ricambiava. Erano davvero tempi diversi. Adesso, purtroppo, è cambiato molto. Ci sono i social, si chiacchiera troppo e c’è meno semplicità di ieri. Purtroppo, ripeto…”.

A margine, spunta un amarcord di ‘biciclette-biciriette’, di portieri alloccuti che osservano la palla all’incrocio, senza rimedio. Lo senti il profumo dell’erba? In fondo, splende la galleria che ospita le care immagini di Luigi Necco da Napoli e Tonino Carino da Ascoli. Ci sono pezzi di felicità da non dare via, come certe figurine.

Vito Chimenti, centravanti del mito, ne ha uno da mostrare: “Avevamo vinto a Genova con la Samp, tre a due. Una partita incredibile. Fummo costretti a spostarci a Roma per il maltempo e trovammo Renzo Barbera che era venuto apposta per festeggiare. Finché vivo, non dimenticherò mai la sua gioia: ci abbracciava, sorrideva, batteva le mani… Il presidente, il nostro amato e grande presidente, era tornato bambino”. E che altro chiediamo ai nostri sogni più veri?

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24 Febbraio 2019, 06:30

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