PALERMO – Fabrizio Miccoli lascia il Palermo. E non per avere sbagliato un calcio di rigore o perché i vertici della società rosanero sono convinti che il capitano sia il massimo responsabile di una retrocessione annunciata. Va via per fatti, sospetti, indagini – cose gravissime – che non sono il pallone, che forse lo lambiscono, nel senso che per un calciatore è magari più difficile vivere in certi contesti. Ma il campo non è responsabile. Ci sono sospetti pesanti come macigni, dietro il divorzio che si sta consumando.
L’addio è stato dichiarato dal presidente Zamparini a Radio Radio: “Quanto successo a Miccoli è la dimostrazione che per lui è meglio lasciare Palermo. Adesso ha bisogno di cambiare aria, può andare negli Emirati. Non conosco bene la situazione, ma purtroppo non poteva certo sapere che il suo amico fosse il figlio di un mafioso”. Il numero dieci – come si sa – è coinvolto in un’inchiesta della Procura di Palermo su schede telefoniche che avrebbe ceduto a Mauro Lauricella, figlio di Antonino, notissimo boss della Kalsa, soprannominato u’ Scintilluni. E c’è anche dell’altro. Miccoli avrebbe avuto frequentazioni col nipote del superlatitante Matteo Messina Denaro, Francesco Guttadauro.
Maurizio Zamparini non ha perso tempo. La cacciata assume i toni di un consiglio – “Meglio lasciare Palermo” – che in realtà nemmeno nasconde la scelta indiscutibile. C’è la difesa di prammatica, ma c’è pure l’allontanamento sia pure con un pizzico di zucchero, affinché la pillola vada giù con la minor amarezza possibile. In ogni caso, non ci saranno retromarce. Fabrizio Miccoli per Palermo è già un ricordo. Per i tifosi, avviliti da una cocente discesa di categoria, è l’ennesima mazzata (rp)
