PALERMO – Parlo con Lorenzo Zichichi, il figlio di Antonino?
“Sono io, ma attenzione: ho fatto un lavoro radicalmente diverso da quello di mio padre proprio per evitare che si potesse dire ‘il figlio di’. Quindi sì, sono Lorenzo Zichichi. E basta”.
Zichichi junior ha la voce ferma. Dopo essere finito su tutti i giornali siciliani per le accuse di Nello Musumeci, che lo ha indicato come socio di Gaetano Mercadante, l’imprenditore finito al centro dell’indagine sui musei, il direttore della casa editrice “Il cigno” alza il telefono per puntualizzare il proprio profilo: “Opero in Sicilia come in tutto il mondo, lo sa? E poi, la prego, lo scriva: non sono socio di Mercadante”.
Socio no, ma ha partecipato ad alcune gare con lui. Ne abbiamo trovate tre: una in Emilia, una in Puglia e l’altra a Palermo.
“Novamusa lavora su tutto il territorio nazionale, di volta in volta associandosi con importanti case editrici. Abbiamo partecipato ad alcune gare insieme, è vero, ma ogni volta che Novamusa ha fatto ricorso mi sono sempre chiamato fuori”.
Quindi non ha pendenze in Sicilia?
“In realtà ho un ricorso pendente. In un periodo storico che nulla ha a che fare con la nomina di mio padre, all’inizio del 2012, ho vinto le gare per i musei di Trapani e Agrigento, ma non me le hanno assegnate prima tenendoci appesi per un po’ e poi, poco prima dell’estate, escludendoci per presunte irregolarità formali. C’è un ricorso pendente al Tar”.
Beh, quindi la sua controparte sarà suo padre.
“Adesso farò in modo che non ci sia nessun conflitto di interessi. Ritireremo il ricorso anche se quel che ha fatto la Regione è immotivato”.
Il suo partner era Mercadante?
“No, in quel caso abbiamo partecipato in associazione con ‘I luoghi dell’Arcadia’”.
Al di là di questa vicenda, comunque, c’è un dato: lei opera, anche in Sicilia, nel settore dei beni culturali e suo padre si occuperà proprio di questo.
“Io lavoro nel mondo della cultura a largo raggio. Le faccio un esempio: grazie ai miei rapporti, visto che sono uno dei pochi italiani nell’Accademia russa di Belle Arti, ho organizzato la mostra sui capolavori dell’Ermitage a Palazzo Sant’Elia. Mi ha sempre fatto piacere che la Sicilia non venisse considerata una terra di mafia, una terra di cultura”.
Le sue parole riecheggiano quelle di suo padre.
“Sì, ma quando diventerà assessore, anche se per me sarà un danno economico, smetterò di operare con quell’assessorato”.
Come sono i suoi rapporti personali con Mercadante?
“So che in questa vicenda c’è un contenzioso che va avanti da molti anni, che c’è un arbitrato in corso. Nulla toglie che questa situazione di Mercadante è molto chiara: è stato arrestato perché ha trattenuto soldi della Regione che ritiene essere suoi. Ma Mercadante gestisce la sua società come gli pare, io non c’entro”.
Non mi ha risposto.
“A Ravenna abbiamo quasi litigato furiosamente, voglio dire quasi fino alle lettere degli avvocati: io voglio fare le mostre e lui mi tiene fermo. Ma questo può far capire la situazione: le Ati sono raggruppamenti, noi facciamo le mostre e loro fanno altro”.
Ha rapporti economici con lui in Sicilia?
“No, nessun tipo. Non c’è niente che ci leghi, qui. Però sia chiaro: Mercadante è un operatore nazionale iscritto a Confcultura, ha accordi con Mondadori, con Electa. Vedremo cosa scaturisce da questa cosa, certo, ma fino all’altro ieri era un rispettabilissimo operatore”.
Tutto chiaro, la ringrazio.
“No, aspetti, un’ultima cosa: io ho lavorato molti anni con Elvira Sellerio, quando avevo vent’anni ho ideato con lei una serie di volumi storici, fra i quali la famosa trilogia su Federico II. Ho scritto quattro libri. Le sculture di Arnaldo Pomodoro che si trovano davanti al Palazzo di Vetro delle Nazioni unite sono lì perché ho scritto io i progetti. Insomma, è antipatico vantarsi, ma non voglio che mi si dipinga come un imprenditore così, come uno che annusa nell’aria cose interessanti: io ho la Sicilia nel cuore. Sono felice che venga messa una persona di spessore alla Cultura, ma che mi si additi in questo modo è inaccettabile”.