Lombardo, Venturi, la riforma | Tutta la verità di Massimo Russo - Live Sicilia

Lombardo, Venturi, la riforma | Tutta la verità di Massimo Russo

In una lunga intervista a Villa Filippina, nel contesto del Festival della politica, l'assessore alla Salute racconta: "Il governatore? Ho deciso di lasciarlo quando decise di appoggiare Micciché. Nel 2007 mi chiese di candidarmi alla Camera, ma gli dissi di 'no'. Le critiche del mio collega Venturi sono ingenerose, al limite della calunnia. Ho riportato le regole nella Sanità siciliana". (nella foto l'assessore Russo con Francesco Foresta - a destra - e Salvo Toscano)

Festival della politica
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PALERMO- “Sono stato all’inferno. E ho portato a casa la pelle e la mia onorabilità”. C’è tutta la fatica e l’orgoglio di questi quattro anni da assessore alla Salute nelle parole di Massimo Russo. A poco più di venti giorni dalla scadenza naturale di un’esperienza lunga, al fianco di Raffaele Lombardo. Al quale non riserva veleno, dopo le polemiche dei giorni passati. Anzi, gli riconosce il merito “di essersi dimesso quando non era obbligato a farlo. Io, al suo posto, non l’avrei fatto”, ma gli rimprovera una mancanza di “onestà politica” nella vicenda della sua annunciata candidatura alla presidenza della Regione: “Nella stessa giornata, il suo capogruppo lanciava Crocetta. Lì ho capito che la mia candidatura non era una cosa seria”. E il rapporto politico col governatore, alla fine, è naufragato contro la scelta di alleasi con Gianfranco Micciché, “che è anche simpatico, ma nei confronti del quale sono assolutamente incompatibile”.

Insomma, Massimo Russo traccia una linea. E fa la somma di un’esperienza di governo “bellissima, esaltante”, giunta ai titoli di coda. Una coda agrodolce, e condita da qualche rimpianto: “È stato un errore lanciarmi in prima persona in politica alle amministrative palermitane”. Non certo un rifiuto della politica, però, nonostante la conferma (“torno a fare il magistrato”), ecco infatti l’apertura: “Se Crocetta mi offrisse di continuare il mio lavoro nella Sanità siciliana, valuterei l’offerta”.

Nel contesto di Villa Filippina, teatro scelto per il “Festival della politica”, Massimo Russo appare assai diverso da quello che per oltre quattro anni s’è mosso tra i corridoi dei Palazzi del potere siciliano. Attirandosi diverse antipatie, sui suoi atteggiamenti definiti da molti deputati, nei migliori dei casi, “arroganti”, “presuntuosi”. Critiche inaspettatamente bipartisan. “La verità è una: la stragrande maggioranza dei deputati regionali in questi anni ha guardato unicamente ai propri interessi personali, mentre eravamo impegnati in un durissimo piano di rientro per evitare il commissariamento. Mi sarei aspettato un maggiore senso di responsabilità da parte loro”. E agli onorevoli siciliani Russo indirizza un altro rimprovero sul caso della riforma dei laboratori di analisi, “stoppata” recentemente anche dal Tar: “E’ poco serio – ha detto Russo – che tanti politici, di ogni colore, usino strumentalmente questo argomento. Se noi non adempiamo a questa misura, lo Stato si riprende 240 milioni di euro. Il Tar ha deciso di bloccare questo accorpamento senza sentirci. Ci rivedremo il 24 ottobre in tribunale e faremo sentire le nostre ragioni. Vedremo come andrà a finire”.

Il 24 ottobre quindi, l’assessore farà valere le proprie ragioni. Per l’ultima volta, probabilmente. Appena cinque giorni dopo, la Sicilia avrà infatti un nuovo governo. E un nuovo parlamento. Del quale potrebbe far parte il figlio di Raffaele Lombardo, Toti. “In questi casi si dice ‘largo ai giovani’. Ma io a mio figlio avrei detto di non candidarsi”. Del resto, secondo Lombardo, è proprio Russo a mancare di esperienza, a non possedere  “gli strumenti” per fare politica. “Sono d’accordo con lui – replica Russo – io non ho gli strumenti per far parte di questa politica. Una politica che non ha alcuna tensione ideale, etica. Per questo credo – aggiunge – di aver compiuto un errore prendendo parte in prima persona alle amministrative palermitane. Sono caduto in un falso incoraggiamento di Lombardo”. Un governatore che, però, “non mi ha mai imposto nulla. E che mi ha dato la possibilità di cambiare la Sicilia, nell’unico modo possibile: da dentro. Cioè facendo l’amministratore”. Insomma, un misto di rancore e riconoscenza, nelle parole rivolte a Lombardo, che Russo difende anche dagli attacchi di Marco Venturi, che ha parlato di un governo che ha tutelato gli interessi affaristico-mafiosi: “Le parole di Venturi, che è un bravo ragazzo, – dice Russo – sono ingenerose, e al limite della calunnia. Evidentemente, lui era portatore di alcuni interessi che non sono stati garantiti dal governo Lombardo”. E Russo fa da schermo a Lombardo anche rispetto alle accuse molto simili giunte da Ivan Lo Bello: “Se Lombardo ha detto quelle cose su Lo Bello (“ha sponsorizzato solo investimenti nell’eolico, come quelli di Moncada”, ndr) penso non solo che ne sia convinto, ma che abbia anche le prove. Ma devo dare atto a Lo Bello di aver dato un contributo importante nella lotta alla mafia, almeno sotto il profilo del ‘clima’. Sugli atti concreti, non saprei dire: quante sono state le espulsioni operate da Confindustria?”.

A dire il vero, al momento, “gravato” da un procedimento giudiziario che riguarda i rapporti con Cosa Nostra è proprio Lombardo. E anche in questo caso, Russo, pur ammettendo di aver “riflettuto sul da farsi, quando sono uscite le prime notizie”, ha precisato: “Subito dopo arrivò la smentita del procuratore di Catania D’Agata, poi alcune false notizie d’arresto. Ma anche le notizie, queste vere, di tre diverse richieste di archiviazione. Certo, ho sempre pensato che la politica debba essere indipendente dal giudizio della magistratura, che debba ripulirsi da sola, ma solo di fronte a prove certe. Nel caso di Lombardo io mi astengo dal giudizio. Ma va detto, per amore della verità, che Lombardo è andato via prima di un rinvio a giudizio. Io al posto suo non mi sarei dimesso”.

Non si sarebbe dimesso, Russo. Che invece ha fatto il passo indietro alcune settimane fa. A spingerlo ad abbandonare Lombardo, come detto, la scelta del governatore di correre alla Regionali con Micciché: “Io sono rimasto – spiega – quando era più facile andare via: se io mi fossi dimesso, alcuni mesi fa, quasi certamente Lombardo avrebbe dovuto lasciare. E invece, sono andato via adesso, quando era più facile restare”. A dire il vero, Russo è tutt’ora assessore (s’è dimesso solo dalla carica di vicepresidente), “ma solo perché Lombardo mi ha chiesto di rimanere in queste ultime settimane, visto che non aveva il tempo di nominare un nuovo assessore in un settore e in un momento così delicato”. Ma l’esperienza da membro dell’esecutivo è sostanzialmente finita. E guardando indietro di qualche anno, Russo svela un retroscena: “Io non dovevo nemmeno essere un assessore ‘tecnico’ di Lombardo. Dovevo essere un deputato alla Camera dell’Mpa”. Una proposta fatta pervenire a Russo nel 2007 da Giovanni Pistorio: “Che conobbi a Roma quando ricoprivo il ruolo di vice capo dipartimento del Ministero della Giustizia, e col quale mi incontrai spesso a cena, dove parlavamo di politica, di sanità, di Cuffaro… Fu lì che mi venne proposto di essere ‘nominato’ come deputato alla Camera. Ci pensai 24 ore, poi dissi di no: non potevo essere alleato di un governo come quello di Berlusconi, che stava danneggiando fortemente la magistratura”. Passa circa un anno e mezzo, e il “no” si tramuta in un “sì”. “Ma la proposta fu diversa: mi venne chiesto di cambiare la Sicilia, Lombardo mi promise che avrebbe garantito la mia assoluta autonomia”. Ma anche quello era un governo di centrodestra: “Già, a pensarci bene posso dire di essere sceso all’inferno ma di essere risalito con la consapevolezza di aver compiuto il mio dovere”.

Un “dovere” che trova la sua rappresentazione concreta nella riforma della Sanità: “Una riforma – precisa Russo – straordinaria sotto tanti aspetti. Molte regioni oggi guardano a quello che abbiamo fatto. Un rimpianto? Ci siamo occupati troppo poco di ‘assistenza’. Questo perché in Sicilia si è sempre divisa la Sanità dalla Famiglia. Si è dimenticata l’assistenza. Le Asp dovrebbero trasformarsi in Assp. Cioè aziende socio-sanitarie. Spero che ci riesca il mio successore”.

Ma tra le luci di una riforma che recentemente ha ricevuto anche la “benedizione” della Corte dei conti, ecco anche alcune ombre. Vicende imbarazzanti. Come il taglio del nastro al Pta di Giarre, investito pochi giorni dopo dalla polemica sulle forniture concesse a Melchiorre Fidelbo, marito della senatrice del Pd Anna Finocchiaro: “Io quel nastro lo taglierei ancora – dice però Russo – visto che non ero al corrente di quella vicenda. E una volta compreso quello che era successo, sono stato proprio io a portare le carte in Procura”. E ancora, la storia dei manager delle Asp indicati dall’assessore attraverso dei “pizzini”: “Anche in quel caso – racconta Russo – si è trattato di una grande strumentalizzazione. Io rivendico di aver creato gli ‘albi’ dei direttori sanitari e amministrativi. Questo per evitare che il direttore generale nominasse qualcuno che non aveva i titoli, così come avveniva in passato. I cosiddetti ‘pizzini’ sono serviti per decidere, nei casi in cui più dirigenti generali avevano indicato gli stessi direttori amministrativi o sanitari, a quale struttura destinare quel manager”. Ma Russo rivendica, in molti casi, anche le scelte degli uomini della Sanità: “Scelte politiche, certamente – ha detto Russo – delle quali mi assumo le responsabilità”. Anche nel caso delle nomine, come commissari, dei sei manager “bocciati” dall’Agenas: “Intanto va precisato che all’Agenzia ho chiesto una valutazione ‘globale’, dell’attività manageriale. Ma di quella valutazione, che deve anche tenere conto del contesto nel quale i manager hanno lavorato, io ero libero di tenere conto o meno. E ne avrei anche tenuto conto se nel frattempo non fosse intervenuta la norma cosiddetta ‘blocca-nomine’. che imponeva di ri-nominare come commissari, i manager in carica. In questo modo abbiamo garantito la prosecuzione dell’attività per qualche mese. Il nuovo governo, se vorrà, potrà cambiarli”.

Ma nel prossimo governo, paradossalmente, potrebbe esserci proprio lui. Nonostante le assicurazioni, infatti, (“torno a fare il magistrato, fuori dalla Sicilia. Come giudice civile, o penale”), c’è ancora uno spiraglio: “Se Crocetta mi proponesse di continuare da assessore la mia azione di rinnovamento della Sanità siciliana? Di certo, valuterei attentamente la proposta”. Perché oggi, forse, l’assessore che si è sempre mostrato forte, lo è ancora un po’ di più. In fondo, Massimo Russo è “già stato all’inferno”. E ha portato a casa la pelle.

 

LA DIRETTA

17.53 “Alla fine posso dire di aver portato a casa la pelle e la mia onorabilità”. Così Massimo Russo ha concluso l’intervista.

17.50 “Al mio posto all’assessorato alla Salute vedo bene una persona seria, capace di fare scelte che proseguono in questa direzione di consolidamento  rispetto a quello che abbiamo fatto noi. Io sono escluso da questo gioco. Se me lo chiedesse Crocetta? Lo valuterei. Prima deve vincere, poi deve chiedermelo”.

17.45 “I laboratori d’analisi? Il piano di accorpamento era previsto dal piano di rientro. Ce l’ha chiesto il ministero. Si è tradotto in un accordo Stato-Regioni. E’ poco serio che tanti politici, di ogni colore, usino strumentalmente questo argomento. Se noi non adempiamo a questa misura, lo Stato si riprende 240 milioni di euro. Il Tar ha deciso di bloccare questo accorpamento senza sentire noi. Ci rivedremo il 24 ottobre. Vediamolo tutto il film, vedremo come andrà a finire”.

17.43 “Il Pta di Giarre? Ritaglierei quel nastro, anche perché io non sapevo nulla di quella situazione. Ma quando ho saputo che c’era qualcosa di irregolare, sono stato io a portare le carte in Procura. Credo che anche la Finocchiaro non sapesse nulla della vicenda che coinvolgeva il marito”.

17.42 “Chi arriverà dopo di me, troverà un complesso di regole. Nessuno pensi di tornare al passato. Se si pensa di tornare agli “splendori” del passato, salterà tutto”.

17.39 “All’Agenas ho chiesto di fornirmi una valutazione che andasse al di là del semplice equilibrio di bilancio, ma sulla capacità manageriale. Profili negativi su sei manager? Forse sono stati un po’ troppo duri. Io questi profili li ho tenuti in considerazione. Ma poi è arrivato il blocca-nomina, che imponeva di ri-nominare come commissari, i direttore generali in carica. In questo modo abbiamo garantito la prosecuzione dell’attività per qualche mese, il nuovo governo, se vuole, potrà cambiarli”.

17.32 “La scelta dei direttori generali è stata una scelta politica. Ma io ho operato i controlli e le verifiche dell’operato di questi dirigenti. Io ad esempio in alcuni casi non ho riconosciuto le indennità di risultato. E non ho mai concesso, come accadeva in passato, che si spendesse una cifra superiore a quella del budget da noi messo a disposizione. E le verifiche le ha fatte l’Agenas, organismo terzo. Tre manager, che non hanno raggiunto gli equilibri di bilancio, sono ‘saltati'”.

17.28 “I manager nominati con i pizzini? Anche in questo caso si è trattato di una grande strumentalizzazione. Io rivendico di aver creato gli ‘albi’ dei direttori sanitari e amministrativi. Questo per evitare che il direttore generale nominasse qualcuno che non aveva i titoli, così come avveniva in passato. I cosiddetti ‘pizzini’ sono serviti per decidere, nel caso in cui più dirigenti generali avessero indicato gli stessi direttori amministrativi o sanitari, a quale struttura destinare quel manager”.

17.26 “La mia riforma della Sanità? Straordinaria per tanti aspetti. Molte  Regioni guardano a quello che abbiamo fatto. Solo una cosa mi è rimasta da fare: la riforma socio-sanitaria. Ci siamo occupati troppo poco di ‘assistenza’. Questo perché in Sicilia si è sempre divisa la Sanità dalla Famiglia. Le Asp dovrebbero trasformarsi in Assp. Cioè aziende socio-sanitarie”.

17.24 “Noi in questi anni abbiamo avuto burocrati che hanno fatto politica, e politici che hanno fatto i burocrati. L’unica eccezione è stata proprio la Sanità siciliana. E questo grazie al personale della Regione, troppo spesso massacrato dall’opinione pubblica”.

17.20 “I candidati in corsa? Chi sono io per dare un giudizio? Posso solo augurare loro ‘buon lavoro’. Chi voterò? Sarà un segreto. Mi auguro che si impegnino a trovare soluzioni. Forse non hanno ben chiaro che alla Regione non troveranno nè risorse, nè possibilità di lavoro”.

17.16 “Io non dovevo fare l’assessore di Lombardo. Dovevo essere un deputato dell’Mpa. Ho conosciuto Giovanni Pistorio, quando, nel luglio del 2007 ho lasciato la magistratura, diventando vice capo dipartimento al ministero della Giustizia. Lì ho conosciuto Pistorio, con cui ho trascorso molte cene romane, parlando di politica, di Cuffaro. Finché mi ha chiesto, per conto di Lombardo, la ‘nomina’ a deputato. Mi sono preso 24 ore di tempo, ma sapevo che non potevo stare con un governo a sostegno di Berlusconi, che ha operato contro la magistratura. E ho detto di ‘no’. Forse la cosa incuriosì Lombardo, che mi propose di impegnarmi per la Sicilia. Ho detto di sì a patto che il progetto fosse quello di cambiare la Sicilia, e che io lo potessi fare autonomamente”.

17.14 “Toti candidato? Io direi ‘largo ai giovani’. Se otterrà il consenso, vorrà dire che questa società deve ancora crescere. Ma io non avrei fatto candidare mio figlio”.

17.12 “Lo Bello? Io non voglio entrare in questa polemica. Ma se Lombardo ha detto quelle cose, credo che ne sia convinto. E penso che abbia anche qualche prova. Lo Bello certamente ha avuto il merito di creare il clima giusto, contro la mafia, all’interno del mondo dell’impresa. Sarebbe stato bello se tutti avessero spinto nella stessa direzione”

17.09 “Io sono rimasto quando era più facile andare via: se io mi fossi dimesso, quasi certamente Lombardo avrebbe dovuto lasciare. E invece, sono andato via quando era più facile restare. Ma adesso mi chiedo: se Lombardo venisse assolto, diremo che quell’opera di rinnovamento della prima parte del governo è stata indebolita da quelle notizie?”.

17.04 “Io assessore di un governatore indagato per mafia? Ho vissuto sulla mia carne quello che in passato avevo vissuto da protagonista. Quando è uscita fuori la notizia, mi sono chiesto cosa dovessi fare. In quel periodo ci fu la smentita del procuratore di Catania D’Agata, poi alcune false notizie d’arresto. Ma anche le notizie di più richieste di archiviazione. Certo, non ho mai dimenticato il mio pensiero: ho sempre pensato che la politica debba essere indipendente dal giudizio della magistratura, che debba ripulirsi da sola, ma di fronte a prove certe. Nel caso di Lombardo io mi astengo dal giudizio. Ma va detto, per amore della verità, che Lombardo è andato via prima di un rinvio a giudizio. Io al posto suo non mi sarei dimesso”.

17.01 “Io ho sempre avuto una tensione ideale, ho sempre creduto in quello che ho fatto. Ho creduto tanto anche nella mia esperienza amministrativa, e anche nei principi autonomistici, in quel progetto politico”.

16.58 “Io ho snobbato i deputati? Purtroppo molti di loro non ha fatto altro che guardare alle proprie esigenze personali. Ma la Sicilia era impegnata in un piano di rientro che avrebbe dovuto evitare il commissariamento. Mi sarei aspettato un maggiore senso di responsabilità. Io mi sono comportato da buon padre di famiglia, senza fare tagli indiscriminati. Ma qualche sacrificio era necessario perché la Sicilia avesse un futuro”.

16.56 “Io ho saputo della mia candidatura, solo quando Lombardo lo ha detto pubblicamente in un’assemblea dell’Mpa. In quell’occasione, il capogruppo D’Agostino lanciava Crocetta. Lì ho capito che non era una cosa seria”.

16.52 “Ho deciso di lasciare Lombardo quando ho saputo che avrebbe sostenuto Gianfranco Miccichè. C’era una evidente incompatibilità tra me e Miccichè, che è pure simpatico. Lombardo ha detto che non sono tagliato per la politica? Ha ragione: non sono tagliato per questa politica, senza un orizzonte etico. Sono ispirato verso un’altra politica, quella che portava il senso nobile del servizio alla comunità”.

16.48 “Il mio movimento? E’ stato un errore. Sono caduto in un falso incoraggiamento di Lombardo. Io usato da Lombardo? No, al contrario. Penso che la mafia si combatta stando nell’amministrazione. Un magistrato è rivolto al passato, l’amministratore al presente, il politico al futuro. Ho fatto l’assessore inizialmente con una giunta di centrodestra, sono sceso all’inferno ma adesso posso dire di aver fatto il mio dovere. Le accuse di Venturi? Ingenerose, al limite della calunnia. Tra l’altro ne parla adesso, ai titoli di coda di un film che lui stesso ha girato. Evidentemente portava avanti interessi che non sono stati garantiti da questo governo. Lombardo a me non ha mai imposto nulla”.

16.45 “Ho incontrato Bersani per discutere di un ingresso in politica? Sto preparando la mia uscita dalla politica regionale siciliana. Siamo ai titoli di coda, il cui epilogo è un po’ diverso dalle premesse”. Così Massimo Russo esordisce. “Cosa farò dopo il 29 ottobre? Io un mestiere ce l’ho, a differenza di altre. Ho maturato un’esperienza bellissima. Adesso torno a fare il magistrato, fuori dalla Sicilia per cinque anni, come giudice civile o penale”.

 

Il “Festival della Politica” raddoppia proponendo, per venerdì 5 ottobre, due appuntamenti da non perdere con due grandi protagonisti dello scenario siciliano. Alle 16.30, a Villa Filippina, un’altra intervista esclusiva a pochi giorni da quella rilasciata dall’ex governatore della Regione Siciliana. A controbattere alle domande poste dal direttore responsabile di Livesicilia Francesco Foresta e dal caposervizio della medesima testata Salvo Toscano sarà questa volta l’ex assessore regionale alla Sanità Massimo Russo.
Alle 18 è invece in programma la tavola rotonda “Il caso Palermo. Come salvare una città dal default” che vedrà ospiti il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il presidente di Confindustria Palermo Alessandro Albanese, il presidente di Confcommercio Palermo Roberto Helg e Alessandro Musaio, professore di Economia aziendale e Controllo di gestione presso la LUISS Guido Carli.
Nell’ambito della tavola rotonda organizzata intorno al “Caso Palermo” è prevista la presentazione in anteprima del libro “Una rondine fa primavera” scritto dal giornalista Rai Giancarlo Licata, disponibile da pochi giorni nelle librerie. Il volume, edito dalla Novantacento Edizioni, ricostruisce – tra inediti, documenti e storie dimenticate – gli avvenimenti di cronaca e politica accaduti nei tre decenni di presenza a Palazzo delle Aquile di Leoluca Orlando: dal pentacolore all’esacolore, ai professionisti dell’antimafia, alla rottura fra Dc e Psi, all’apertura del Massimo e dello Spasimo, al Ppe, alle stragi, per finire alla trattativa fra Stato e mafia. Il tutto partendo dalla consapevolezza che Palermo è l’unica città di uno stato democratico in cui l’azione politica è stata spesso condizionata dalla cronaca, dagli omicidi che hanno tagliato gambe, coraggio e futuro a molti amministratori. Il libro contiene pure un’intervista-colloquio a 360 gradi con Leoluca Orlando. Il responsabile della redazione di Tgr Mediterraneo presenterà pertanto la sua opera dinanzi a colui che l’ha ispirata. Un’ulteriore occasione per discutere di Palermo e della sua “salvezza”.

L’attrice Stefania Blandeburgo leggerà alcuni passi del libro.


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