Si è ribellato ai boss di Biancavilla |Parla Luca, testimone di giustizia - Live Sicilia

Si è ribellato ai boss di Biancavilla |Parla Luca, testimone di giustizia

Una foto del blitz Onda d'Urto scattato dalle denunce di Arena

La storia di Luca Arena, il giovane imprenditore biancavillese che ha denunciato gli estorsori del clan Toscano Mazzaglia.

lotta alla mafia
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CATANIA – Ha appena 25 anni e già ha dovuto affrontare una delle sfide più dure della sua vita. Ha fatto una scelta che ha completamente sovvertito i suoi sogni, la sua esistenza, i suoi progetti. Luca Arena è il giovane imprenditore biancavillese che lo scorso dicembre ha alzato la testa ed ha denunciato i suoi estortori. Dai suoi racconti è scattato il blitz Onda D’Urto che ha portato all’arresto di pericolosi esponenti del clan Toscano Mazzaglia, referenti dei Santapaola. “Non è stato facile”, commenta Luca al telefono. “Ma ho deciso di dire basta. Un uomo alla fine deve essere un uomo – dice ripensando alla sua decisione – cosa avrei raccontato un giorno ai miei figli?”.

Facciamo un passo nel passato, quando ha deciso di lasciare la sua grande passione che era il calcio ed ha deciso di investire in un’attività di famiglia. “Giocavo a calcio, poi nel 2011 ho deciso di aprire insieme a mio fratello un’agenzia funebre”, racconta. “Ero orgoglioso di avere il mio cognome su quella insegna”, afferma ancora. Poi qualcosa è cambiato quando hanno acquistato un’ambulanza e si occupavano dei trasporti dei pazienti dell’ospedale di Biancavilla. Sono iniziati i primi contatti, le prime richieste estorsive, i pagamenti ad ogni funerale. Dagli atti dell’inchiesta è emerso che i versamenti al clan Mazzaglia sono partiti nel 2012. Ma alla fine la pretesa era di dare al clan il 50% dell’incasso di ogni servizi funebre. Una situazione insostenibile. “Il 2 dicembre bruciano il furgone, a quel punto mi sono affidato ai carabinieri. Tre giorni dopo – spiega – è scattato il blitz”. Luca Arena in questo percorso è supportato dall’associazione antiracket Libera Impresa. “Sono andato a Paternò ed ho conosciuto il presidente Rosario Cunsolo”, dice il giovane. Alcuni mesi dopo la retata il 25enne ha affrontato l’incidente probatorio. Sei ore è durata l’udienza in cui ha ripercorso quasi cinque anni di soprusi.

Luca è un testimone di giustizia. Già da diverso tempo vive in un sito segreto. “E’ tutto nuovo, ho cambiato totalmente stile di vita”. Luca ha la voce squillante, piena di vitalità anche se non riesce a nascondere un filo di amarezza quando afferma: “Ho dovuto lasciare la mia città e i miei cari”. “In famiglia sono spaventati”, spiega. Anche se “ci sono persone a cui tenevo che mi hanno abbandonato”. Ci sono i momenti di sconforto e di solitudine, ma poi sa che la strada intrapresa era l’unica scelta possibile, anche per la sua sicurezza. Da calciatore Luca definisce quello che sta affrontando “un allenamento per le sfide della vita”. Non chiamatelo però eroe. “Gli eroi sono altri”, dice con una consapevolezza forse maggiore della sua giovane età. Luca si è affidato alla giustizia. “Lo Stato mi sta trattando nel migliore dei modi ma forse il sistema dovrebbe essere cambiato, in modo da consentire ai giovani come me di rimanere nelle proprie città”, chiosa.

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