L'omicidio Mazzè allo Zen | In appello ridotte le pene - Live Sicilia

L’omicidio Mazzè allo Zen | In appello ridotte le pene

La vittima Franco Mazzè

Sotto processo Fabio Chianchiano, reo confesso, e Stefano Biondo.

PALERMO – Cade l’aggravante della premeditazione. In appello arrivano degli sconti di pena. Fabio Chianchiano è stato condannato a vent’anni. Stefano Biondo ne ha avuti sedici. Ad entrambi in primo grado erano stati inflitti trent’anni ciascuno di carcere. Il processo in Corte d’assise d’appello era quello per l’omicidio di Franco Mazzè, il pregiudicato ucciso allo Zen nel marzo del 2015. Gli imputati erano assistiti dagli avvocati Raffaele Bonsignore, Antonio Gargano, Angelo Barone, Giuseppe Di Cesare e Salvino Mondello.

Chianchiano è reo confesso del delitto della domenica delle Palme 2015. Il movente dell’omicidio, sarebbe frutto di vecchi dissapori. Mazzè aveva rischiato di morire dieci anni fa per mano dello stesso Chianchiano. Una storia di fidanzamenti incrociati degenerò in violenza. Prima Mazzè spezzò il braccio a Chianchiano che l’aveva appellato “cornuto e sbirro”. Poi, Chianchiano reagì sparando dei colpi di pistola contro il rivale mentre era in sella ad una moto guidata da un complice. Vecchi dissapori divennero nel tempo scontro aperto per la gestione degli affari sporchi nel rione quando entrambi i contendenti furono assoldati da Cosa nostra. Per un po’ sono rimasti sopiti grazie alla mediazione di altri pezzi grossi. Fino al marzo 2015, alla lite in un bar fra Chianchiano e uno dei fratelli Mazzè e poi all’agguato.

In appello è anche caduta per Biondo l’accusa di avere sparato contro l’abitazione di Michele Moceo, un amico di Mazzè, che sarebbe stato il secondo obiettivo del commando.

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