PALERMO – Se le panchine davanti all’Ucciardone potessero parlare, verrebbero fuori le attese, i sospiri e la rassegnazione a cui ogni dolore prima o poi approda. Ma anche la speranza che segue sempre il dolore. E le fisionomie in forma ombre cinesi contro la parete delle vite recluse. La madre che aspetta di visitare il figlio, la moglie con la biancheria di ricambio per il marito, il figlio che desidera l’abbraccio del padre. E forse si assottiglierebbero un po’ le lame delle nostre certezze su colpevoli e innocenti. Ogni colpa merita una sanzione. Ma nessuno ha il diritto di considerare uno scarto l’essere umano che, un giorno, la commise.
Entrare in carcere offre comunque un brivido di smarrimento, che tu sia innocente o colpevole, quando il portone si chiude alle spalle. Un agente cortese guida i passi tra cortile e palazzine. “La direttrice è qui, prego, si accomodi”.
La direttrice è la dottoressa Rita Barbera che qualcuno pare abbia ribattezzato la ‘Signora dei sorrisi’. Il prossimo aprile andrà in pensione e c’è già chi piange, tra chiavistelli e fessure, immaginando il distacco.
Rita Barbera, infatti, è il volto di un’amministrazione penitenziaria che non si è accontentata di seguire, impeccabilmente, le regole, aggiungendo alla propria missione il vizio buono della sensibilità. Qui racconta un po’ i suoi anni di carcere, da persona libera, un impegno difeso con chi, dentro e fuori il muro, l’ha condiviso. “Sì – spiega lei – sarò qui fino al primo aprile. Sono già trentasette anni di servizio…”.
Uno studiolo accogliente, uno spazio interno di persone laboriose e il penitenziario non sembra più soltanto l’incubo di cui si narra nelle chiacchiere degli adulti. “Come è noto – dice la dottoressa Barbera – il carcere psicologicamente è un’idea rifiutata dai più. Si pensa per tradizione a un luogo buio dove avvengono, per forza, cose fuori dagli schemi. E’ una istituzione chiusa e per troppo tempo lo è stata eccessivamente. Io ho cercato di favorire qualche apertura, di rendere il contesto permeabile, una casa trasparente, un’occasione di speranze. Negli anni con certe situazioni di emergenza si è magari un po’ condizionata l’evoluzione verso la modernità. Ancora, per tanti, questo è un posto in cui si deve soffrire e basta…”.
Trentasette anni di esperienza sul campo, lì dove la mischia non è mai stata semplice. Il catalogo è questo. “A Marsala, nell’ottantacinque, poi qui all’epoca del maxi-processo, da vice. Termini Imerese, Pagliarelli e il Minorile a Palermo, Castelvetrano, una parentesi a San Gimignano in Toscana… Infine il ritorno quaggiù nel giugno del 2011, una realtà impegnativa. Ho tentato di fare del mio meglio. Ucciardone era una casa circondariale fino al 2015, ora è tutta reclusione, cioè ospita chi ha riportato condanne definitive. Ho cercato di favorire un clima sereno, con la collaborazione di tutti, che è stata importantissima. Io penso che, se si rispetta l’uomo, il riscontro sarà sempre positivo. Il rispetto dell’uomo e della sua dignità pagano sempre. Acquisti in stima e in autorevolezza. I detenuti si fidano di te, delle tue azioni, ed è più facile, perché sanno che non eserciti un potere se non ce n’è bisogno e che non ne abusi”.
La Signora del sorriso, seppure si schermisca, è stata essenziale nel percorso di una rinascita. Sotto la sua direzione sono sbocciati spazi più vivibili per l’incontro tra reclusi e famiglie. “Siamo partiti dalla ludoteca nelle stanze dei colloqui, con il contributo del Rotary. Abbiamo tolto i banconi divisori e sistemato i tavolini, come è peraltro previsto. Ora sono ambienti carini, colorati, così i bambini in visita si rilassano. C’è l’area verde che è bella e funzionale per la stagione migliore. Ricordo la Pasqua di quest’anno, il pranzo tipico con l’agnello, con la pasta al forno. Sembrava di stare alla Favorita. C’erano i detenuti con le famiglie. E’ stato un momento assai commovente”.
E tornano alla memoria storie, tra panchine e celle, che hanno il sapore di una ricercata e forse meritata felicità. La faccia di un ragazzo, abbracciato al maestro Lollo Franco che qui impartisce lezioni di teatro da volontario. Le parole di quel ragazzo durante il Festino: “Ora sono pieno di speranza. Ringrazio Dio. Ringrazio i compagni che mi sostengono, sono importanti. Ringrazio Lollo Franco. Ringrazio la direttrice, Rita Barbera, una persona speciale, e il personale che ci viene incontro. Ho una preghiera per la Santuzza, che mi aiuti a conservare la mia nuova vita”. Qualcuno, dunque, già osserva la normalità che verrà dallo spioncino di un cambiamento. Qualcuno che ama le sue bambine ha giurato: “Qui dentro non ritornerò mai più”.
Una nuova vita è possibile, se hai sbagliato? Rita Barbera risponde senza incertezze: “Io penso che nessuno possa affermare che un uomo è irrecuperabile, qualunque cosa abbia fatto. Credo che sia necessario offrire opportunità, mostrare che può esserci altro, che puoi vivere in maniera diversa. Poi sei tu che scegli”. Dottoressa, le spiace andarsene? “C’è un tempo per tutto. Mi sta molto a cuore che non vengano disperse le piccole cose positive che sono state messe su con fatica. Ecco, vorrei soprattutto questo”.