PALERMO – Una montagna di soldi sfuggiti finora ai controlli. Accumulata grazie alla rete parallela delle scommesse sportive. Difficile quantificare i soldi, ma se gli affari “ufficiali” targati Cosa Nostra sono stati milionari c’è da attendersi che quelli sottobanco non siano stati da meno. Nei giorni sorsi i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno arrestato, tra gli altri, Francesco Maniscalco e Salvatore Rubino.
L’ipotesi della Direzione distrettuale antimafia, suffragata dalle intercettazioni, è che per pagare le concessioni messe a bando dai Monopoli di Stato siano stati impiegati, e dunque riciclati, i soldi dei boss di Pagliarelli e Porta Nuova. Ci sono un’ottantina di agenzie in giro per l’Italia aperte grazie alle concessioni rilasciate a Tierre Game e Gierre Game e gestite dal salernitano Christian Tortora e dal palermitano Vincenzo Fiore. Rubino e Maniscalco, una volta avviata la macchina, si sarebbero fatti vivi per la divisione degli utili. La loro parte è stata quantificata in almeno seimila euro al mese. Solo che ascoltando le conversazioni dei protagonisti è forte la convinzione che esista una rete illegale per la raccolta delle scommesse. Le scommesse in parte sarebbero state girate su piattaforme estere. Fiore e Tortora sono stati intercettati in macchina mentre parlavano via Skype. Discutevano della percentuale che spettava a Rubino: “… ti ricordi quando a Roma… avevo il dubbio della contabilità di Salvo al dieci (10%, ndr)… al venti (20%, ndr.)… “. Parte dei soldi provenivano da due persone: “… è da agosto che Salvo (Rubino, ndr)… lo zio Salvo (identificato in Salvatore Barrale) e Maurizio (identificato in Maurizio Di Bella) … gli danno il 20… per ciascuna della posizione…”.
Barrale e Di Bella sarebbero la figure master del giro illegale di scommesse, la cui gestione sarebbe stata affidata a Rosario Chianello, uomo della Noce già in carcere, che renderebbe conto a Rubino e a Maniscalco. Manisalco è l’unico nella sua fedina penale ad avere già una condanna per mafia. Il riferimento, gerarchicamente superiore di Chianello, sarebbe stato Giovanni Di Noto, considerato un pezzo grosso del mandamento della Noce e che è stato condannato in primo grado a 14 anni di carcere. In un solo anno, nel 2016, a Rubino sarebbero stati consegnati 120 mila euro in contanti.
I gestori della agenzie passavano in via Ildebrando Piazzetti, sede della “Bet for Bet”, la prima società costituita dal gruppo, e lasciavano buste piene di soldi in contanti. A volte Chianello andava in trasferta a Roma, dunque il giro di affari non era confinato alla sola Sicilia, e tornava con i soldi. “… mi devi dare tredicimila e cinquecento”, diceva Rubino a Fiore. Che rispondeva: “Ci sto andando a piedi”. Adesso il lavoro di magistrati e finanzieri si concentra sui tanti nomi che saltano fuori dalle intercettazioni. A cominciare da chi gestiva agenzie apparentemente legali e poi accumulava soldi sottobanco.