PALERMO – Non si sono piegati alle richieste di estorsione. Due piccoli imprenditori edili hanno denunciato gli uomini del pizzo. Arnaldo Maria Tancredi Giambertone, geometra di 55 anni, fu costretto a rinunciare ai lavori di ristrutturazione di un appartamento. La sua storia fa parte del blitz che ha colpito il mandamento mafioso di Tommaso Natale.
Minacce e pressioni
“Ho subito minacce, intimidazioni, pressioni e alla fine ho preferito farmi da parte. Ma è stata una rinuncia forzata”, spiega a Livesicilia. Ha rinunciato, è vero, ma anche denunciato subito la sua vicenda ai carabinieri.
Non vuole nascondersi per paura. Anzi, ci mette la faccia perché , dice, “non mi arrendo”. E aggiunge: “Quando stamattina ho visto che ci sono stati gli arresti è stata una grande soddisfazione. Ho temuto che non accadesse nulla anche se ho sempre ricevuto rassicurazioni dai carabinieri”.
La tentata estorsione
La tentata estorsione viene contestata ad Andrea Gioè, uno degli arrestati del blitz di oggi, la cui impresa sarebbe subentrata nei lavori di ristrutturazione di un appartamento in via Caduti sul lavoro, nel rione Marinella. Non tutto è stato chiarito, a cominciare dal ruolo di “un noto commerciante”, amico di vecchia data di Giambertone, che avrebbe fatto da tramite fra il geometra e i mafiosi.
“Il noto commerciante”
La vicenda inizia nell’agosto 2017 quando Giambertone riceve prima una mail dal direttore dei lavori che gli contesta alcune difformità e poi il proprietario di casa gli dà il benservito.
L’ipotesi è che sia stato convinto da qualcuno a farlo. L’imprenditore si dice pronto a fare valere i suoi diritti in tribunale. Ai carabinieri racconta che un suo dipendente lo ha messo in guardia: il committente si è rivolto a persone poco raccomandabili. Infine è avvicinato dal “vecchio amico”. Andrea Gioè, detto “castagna”, vuole parlargli. L’imprenditore rifiuta l’incontro e insiste. Seguirà le vie legali per avere un risarcimento dei danni.
“Mi volevano dare una lezione”
Il successivo 13 Settembre 2017 viene trafugato lo scarrabile utilizzato per il materiale di risulta. L’imprenditore collega l’episodio alle pressioni subite dall’amico e decide di rinunciare ai lavori. Anche perché “il noto commerciante” gli fa sapere che a Tommaso Natale qualcuno vuole picchiarlo. “Volevano darmi una lezione, ma gli ho detto di riferire ai suoi amici che non avevo paura”, racconta oggi. La vicenda non è chiusa. Il ruolo dell’amico è al vaglio degli investigatori.
Addio lavori
A subentrargli nei lavori sarebbe stato Bruno, tramite una ditta a lui riconducibile. Le microspie dei carabinieri registrano Bruno mentre parla con il proprietario della casa: “… tu gli dici che non la posteggia la macchina domani in tarda mattina che io gli faccio andare a posare… così giovedì mattina già noi iniziamo, giusto?”. Piazza lo scarrabile e i lavori iniziano.
Appello allo Stato
Giambertone sta attraversando un periodo di crisi. Lo collega anche al suo gesto perché, dice, “c’è ancora un muro di omertà in questa città. La gente ha paura e ho perso tanti amici. In tanti mi hanno voltato le spalle per la mia scelta. Mi arrangio con piccoli lavori, anche perché il settore non è più quello di una volta. Bisogna scendere a compromessi e io non l’ho mai fatto”. Si arrangia e attende l’aiuto dello Stato. Ha fatto richiesta di accedere al fondo per le vittime del racket, “ma aspetto risposta da un anno e mezzo. Ho solo ottenuto la sospensione dei debiti con lo Stato. Non ho chissà quali debiti, chi non è ne ha in questo momento. Purtroppo è il lavoro che manca”.