“Sì, sono pronto, non vedo l’ora di essere reclutato”, avrebbe detto nel 2016 Antonio Candela a Giuseppe Taibbi. Ma il rapporto fra l’ex manager della Sanità e il faccendiere risaliva all’anno prima. Entrambi si trovano ai domiciliari.
Lo scorso 27 luglio Candela ha chiesto di parlare con i pubblici ministeri Giovanni Antoci e Giacomo Brandini. Per difendersi dall’accusa di corruzione che lo costringe agli arresti domiciliari ha raccontato di avere creduto che Taibbi fosse un agente segreto e che come copertura facesse finta di lavorare per la Medical System, un’impresa di forniture sanitarie.
“Matterella 1, 2 e 3”
Ed è per accreditarsi che Taibbi avrebbe millantato amicizie di altissimo profilo: “Ricordo di avere visto più volte sul cellulare dei numeri memorizzati con ‘Mattarella 1’, ‘Mattarella 2’, ‘Mattarella 3’ e anche Marco Minniti”. Addirittura una volt,a mentre Taibbi parlava al telefono, Candela credette “di aver riconosciuto in quell’occasione la voce del il presidente della Repubblica Sergio Mattarella”.
Reclutamento nei servizi segreti
Nel 2016 arrivò la proposta di reclutamento: “Mi disse che i servizi segreti nutrivano grande stima nei miei confronti perché avevano studiato bene il percorso della mia pubblica amministrazione. Rimasi colpito da questa cosa perché prima di novembre del 2016, il primo agosto del 2016 mi fu conferita la benemerenza dal presidente della Repubblica, la medaglia d’argento al merito della sanità pubblica, che è un conferimento che dal 1973 ad oggi è stato conferito soltanto a 433 italiani”.
“Erano colpiti dal mio lavoro”
I servizi segreti si erano accorti del lavoro di Candela e volevano che li aiutasse a snidare la corruzione nella sanità siciliana: “Mi disse proprio che avevano apprezzato il fatto che avessi revocato nel 2013 e nel 2014 l’aggiudicazione di tre gare e per questo motivo erano rientrati nelle casse dello Stato 40 milioni di euro.
Le tre gare sono quelle relative alla realizzazione e manutenzione del sistema informativo, la gara di sicurezza e vigilanza e la gara di manutenzione degli impianti tecnologici”. Tutte gare che l’ex manager stoppò quando guidava l’Asp di Palermo come “la truffa che io avevo scoperto nel 2014, quella relativa alle prestazioni false che venivano fatte nei confronti anche dei deceduti per presidi e ausili”.
Il giallo della pistola
E così non gli sembrò strano che Taibbi “portava con sé sempre una pistola, almeno fino al 3 aprile del 2017 e mi disse che la polizza assicurativa nei confronti degli agenti dei servizi segreti contemplava che era necessario che portassero la pistola”.
Nel 2017 gli sembrò fatta. Attendeva la chiamata. In verità i posti da ricoprire erano due. Candela sarebbe andato ai Servizi e Taibbi al Viminale. Non se ne fece più nulla “perché si erano esauriti i fondi”. La nomina fu rinviata anche nel 2018 “perché i due titolari (coloro che Candela e Taibbi avrebbero dovuto sostituire) avevano deciso di permanere ancora per un altro anno in servizio”.
“Informative riservate”
Il 2017 è l’anno in cui per la prima volta Taibbi e Candela parlarono di Fabio Damiani, finito in carcere nella stessa inchiesta (“L’archivio segreto delle tangenti”): “Taibbi mi disse che aveva delle informative riservate che riguardavano l’avvocato Damiani, provveditore della Asp che dirigevo, nonché direttore del dipartimento risorse finanziarie e patrimoniali e provveditore tecnico sempre della mia Asp, e anche dirigente responsabile all’epoca della Centrale unica di committenza della Regione Siciliana. Mi disse che da questa informativa risultavano numerosi illeciti che lo stesso Damiani aveva commesso nella conduzione degli appalti”.
“Microspie ovunque”
Damiani era sotto osservazione: “Mi disse che era sottoposto ad un’attività di intercettazione complessa, che erano state installate delle microspie nella sua abitazione in via Agrigento, nel suo ufficio di via La Loggia e successivamente anche in assessorato al Bilancio prima che si celebrasse la gara quella regionale. Mi disse che emergeva un accordo illecito che aveva per oggetto la gara di manutenzione delle apparecchiature elettromedicali quella che era stata aggiudicata a ‘Tecnologie Sanitarie’ in data 30 novembre 2017”.
Tecnologie sanitarie è la società travolta dall’inchiesta, i cui vertici avrebbero pagato tangenti per ottenere una corsia preferenziale nell’aggiudicazione di appalti milionari.
Siamo al cuore dell’inchiesta della Procura di Palermo secondo cui, passando da una gara aziendale al controllo centralizzato la “Tecnologie Sanitarie” avrebbe ottenuto grossi vantaggi economici. Il primo a guadagnarci sarebbe stato Taibbi che mostrava a Candela, così ha raccontato, i messaggi fra i rappresentati della società: Damiani “aveva degli interessi nella gara aziendale e per questo motivo non aveva preso in considerazione la gara regionale”.
“Affidamenti diretti e truffe”
L’obiettivo di Candela, dunque, divenne fermare Damiani nella convinzione di curare gli interessi della sanità pubblica. E per dimostrare che Damiani fosse una persona di cui non fidarsi “a febbraio 2018 Taibbi mi invia una serie di affidamenti diretti da lui intercettati che Damiani aveva effettuato in maniera illecita”.
In particolare si trattava della fornitura di endoscopi all’ospedale di Partinico. Così come sarebbe stata smascherata una truffa ai danni dell’ospedale Ingrassia, dove sarebbe stato riparato un angiografo “perfettamente funzionante”.
A quel punto la direzione strategica dell’Asp 6 di cui Candela era il manager si convinse “a valutare la possibilità di aderire alla gara Cuc”. Era un vantaggio per l’azienda sanitaria perché prevedeva “l’aggiornamento tecnologico hardware e software senza nessun costo aggiuntivo a carico dell’azienda.
La mancata nomina
Candela è sceso anche nei particolari della sua mancata nomina fra i dirigenti della sanità: “L’assessore Razza già i primi del 2018 lui mi aveva detto che avendo io operato bene sarei stato nominato direttore generale, ma chiaramente non più a Palermo questo era chiaro perché si doveva applicare la rotazione”.
La sua destinazione era Catania “tanto che io avevo già preso casa a Catania per trasferirmi con la mia famiglia. Il 17 novembre mi trovavo a Milano con mia moglie e mia figlia, ricevo una telefonata da parte di Razza nella quale mi dice che l’indomani alle 15:00 mi sarei dovuto recare subito a Catania perché Musumeci voleva dare delle comunicazioni urgenti, doveva parlarmi subito”.
L’incontro con Musumeci
Candela salì sul primo aereo: “Mi accompagnano da Musumeci. Musumeci alla presenza di Razza, il 18 novembre 2018, saranno state le ore 15:30, 15:45 mi dice che purtroppo a Catania non mi volevano in quanto io sono un personaggio scomodo e ricordo le sue parole ‘cosa ci puoi fare’ mi disse, noi ci diamo di tu, ‘cosa ci puoi fare questo è il destino delle persone perbene come noi’.
Mi dice che è in difficoltà di capire che non può fare nulla e mi propone che mi avrebbe comunque nominato direttore amministrativo presso qualche azienda o direttore generale del 118”. E per dimostrargli la sua vicinanza Musumeci “mi dice pure che sta per uscire un comunicato stampa, dove lui comunica a tutti le nomine che sono state fatte e mi dice pure ‘stai tranquillo perché nel comunicato stampa dirò che visto l’impegno che è stato profuso da Candela nell’ambito della legalità nel corso degli anni precedenti, sarà nominato dirigente di un ente regionale”. Del comunicato c’è traccia negli archivi.
Il dossieraggio
Candela capì di essere stato tagliato fuori. Non sapeva che tempo dopo Musumeci lo avrebbe scelto per guidare la cabina di regia anti-Covid: “Taibbi mi raggiunge a casa, ero frastornato per ben due volte mi sono opposto a qualsiasi attività di dossieraggio gli dissi ‘no no assolutamente no’”.
Taibbi avrebbe avuto un piano per vendicarsi di Musumeci per la mancata nomina dell’amico: confezionare ad arte un dossier con informazioni compromettenti.
Le ultime promesse
Promesse finite? Per nulla: “Nel luglio-agosto 2019 – ha messo a verbale Candela – Taibbi mi dice che il presidente della Repubblica da lui interessato ha trovato il modo sostanzialmente di rendere giustizia, di darmi una posizione attraverso un contratto a tempo determinato presso il ministero della salute. Inizia uno stillicidio… mi manda sempre gli screenshot di un certo ‘Chico lavoro’ che era responsabile di questa commissione nazionale che doveva valutare…”.
Ed ancora: “Io ci credo fino alla fine, ci credo pure nel dicembre del 2019. Mi parla di finestre che si aprono. Mi manda anche messaggi mandati tra lui e il responsabile della sicurezza del presidente del Consiglio Conte di Palazzo Chigi. Addirittura mi manda pure un messaggio di Luciana Lamorgese che ha incontrato nel mese di aprile e dal messaggio emerge sostanzialmente che Lamorgese dice “dottore Candela, Roma non si è dimenticata di lei. Lei ha fatto tantissimo per la legalità in Sicilia”. Niente da fare, l’incarico non arrivò. Mai. I pm non credono alla sua ricostruzione. Ritengono che sia una messinscena per scrollarsi di dosso le accuse.