Matteo Richetti, il primo a scommettere sul progetto di Carlo Calenda dando vita insieme a lui ad Azione, è in Sicilia per una due giorni di incontri. Oggi, il parlamentare numero due del movimento liberaldemocratico presenterà suo il libro “Presidente non avrà la mia fiducia” alla biblioteca di Isola delle Femmine. Prima, c’è stato il tempo di un tour tra Catania, Messina, Palermo, Cinisi e Isola delle femmine, insieme a Giangiacomo Palazzolo, sindaco di Cinisi e riferimento dei calendiani in Sicilia occidentale.
Senatore Richetti, che Sicilia ha trovato?
“La Sicilia che mi ero lasciato dietro qualche mese fa, allora impegnato sulle primarie del Pd, prima ancora a chiudere la campagna che ha portato alla sconfitta di Micari. Una Sicilia che ha una contraddizione evidentissima, con eccellenze che fanno invidia al mondo, imprese che esportano il 93 per cento del prodotto e che lavorano su aree industriali senza infrastrutture, senza collegamenti fognari. Un potenziale incredibile che non trova risposte all’altezza”.
In Sicilia per cercare questa riposta l’elettorato le ha provate tutte: Berlusconi prima, i 5 Stelle poi…
“Non facciamo l’errore a pensare che i siciliani abbiano sbagliato a votare o che non sappiano riconoscere la qualità dell’offerta politica. Ho trovato una Sicilia molto più consapevole. I siciliani si sono affidati prima all’idea della semplificazione, del meno tasse per tutti di Berlusconi, potevano essere messaggi semplificati ma rispondenti alla domanda che veniva posta alla politica. Di fronte a una delusione hanno reagito scegliendo il tutti a casa dei grillini”.
E adesso come dovrebbero convincersi della proposta di Azione?
“Ora si deve capire se noi siamo capaci di convincere i siciliani che è tempo di un 61 a 0 a chi propone competenza e concretezza. Le risposte che mancano da 50 anni e riguardano infrastrutture, logistica e opportunità di lavoro: solo la demagogia può pensare di risolverle in 5 mesi. La serietà sta nell’iniziare a proporre ai siciliani un percorso di riforma e di trasformazione. Proporre una capacità di governo e di soluzione dei problemi che passa da persone credibili e amministratori capaci come Giangiacomo Palazzolo a Cinisi e Francesco Italia a Siracusa. Loro rappresentano per noi un punto di riferimento su come si fa politica sul territorio”.
Del ceto politico siciliano sta bussando alla porta di Azione?
“Intanto, la cosa che mi fa più piacere che molta società regionale sta bussano alla porta di Azione. Moltissimi professionisti, chi ha apprezzato Calenda per Industria 4.0 e le competenze economiche, chi riconosce un fallimento delle politiche regionali, penso a Pd e Forza Italia entrambi protagonisti di un fallimento conclamato. Questi guardano ad Azione con molto interesse. Io non sono interessato a riesumare pezzi del passato, i Cuffaro, i Lombardo, vogliamo attualizzare la richiesta di quel pezzo liberaldemocratico, moderato, riformista che chiede azioni e non propaganda”.
Alle regionali non c’eravate. Quando comincerà Azione a testarsi sul voto locale?
“Non ci siamo presentati in nessuna regione, quelle elezioni sembravano fatte abbastanza per la riconferma degli uscenti. I fatti ci hanno dato ragione, perché non c’è uscente che abbia fallito la riconferma,. Trovo di incoraggiamento che si siano affermate molte liste civiche perché vuole dire che sul tema dei grandi partiti nazionali c’è stata una grande risposta inevasa. Lei però ha ragione quando dice che un partito deve scendere nell’agone politico. Il prossimo anno milioni di elettori sono chiamati al voto per le grandi città, Roma, Milano, Napoli, Bologna. Quello è un appuntamento che dobbiamo affrontare come Azione dando riscontro a quella straordinaria piazza di Milano che si è raccolta per il no al referendum, un pezzo di Paese convinto che la politica possa essere soluzione e non problema. Non si fa con la somma di sigle politiche ma con il coinvolgimento di chi nella società è rappresentativo”.
Quel parterre di Milano può diventare un partito?
“Se non lo diventasse sarebbe una grande occasione mancata. Io vedo all’interno dei partiti di oggi molta più distanza di quella che c’era tra le personalità su qual palco: tra me, Gori, Cottarelli, Calenda e Bentivogli c’è mota più sintonia di visione rispetto a quella che c’è tra Nannicini, Orlando e Cuperlo o piuttosto tra Mara Carfagna e qualche amico di Salvini in Forza Italia. Questo è uno spazio che può diventare un movimento comune”.