PALERMO – La strada verso la segreteria nazionale del Pd passa anche dalla Sicilia e così Matteo Richetti, oggi a Palermo per un tour che lo porterà sui luoghi della lotta alla mafia ma anche tra i giovani e i professionisti, descrive un partito che nell’Isola ha registrato “un eccesso di ambiguità” e che “va rilanciato guardando anche al di là del normale perimetro partitico”. Tutto questo con la convinzione che in Sicilia “daremo vita – afferma – a uno dei movimenti più belli che sorgeranno attorno alla mia candidatura a segretario nazionale del Pd”. Tra i primi nomi a sostegno della sua mozione c’è quello di Antonio Ferrante.
Richetti, lei oggi parte da alcuni luoghi simbolo della lotta alla mafia, come il Giardino della memoria di Capaci, ma incontra anche giovani e professionisti.
“Sono quelle categorie che al sud, nelle regioni come la Sicilia in cui il Pd è andato maggiormente in difficoltà, stanno dando la risposta più importante in termini di impegno. I giovani, le associazioni e i professionisti interpretano quei valori che stanno dentro alla sinistra: giustizia, impegno sociale e soprattutto legalità, un elemento, quest’ultimo, che dovrebbe unire la politica”.
Arriva in una regione difficile per il Pd. Per quale motivo la mozione Richetti dovrebbe convincere i siciliani?
“E’ vero, qui fin dal referendum costituzionale e fino alle Regionali 2017 e alle Politiche 2018 abbiamo registrato uno degli esiti più pesanti per la nostra parte politica. Per questo motivo sarebbe sciocco rivolgersi soltanto all’esistente. Cercherò di non dare le spalle alla società siciliana, provando a guardare oltre i confini del Pd”.
Una regione roccaforte del Movimento 5 stelle, in cui tanti attendono il reddito di cittadinanza.
“Trovo offensivo catalogare il Mezzogiorno come l’area del Paese che aspetta il reddito di cittadinanza. Si tratta di una misura immorale. Vivo l’ossessione delle nuove generazioni e degli ottocentomila giovani costretti negli ultimi anni a lasciare l’Italia, per questo mi rifiuto di pensare a un Paese che riconosce un reddito a chi non fa nulla e che, invece, prende a calci chi fa stage e praticantati non retribuiti. Contrasterò il reddito di cittadinanza con tutte le mie forze. Voglio partire da chi si impegna e lavora, senza comunque dimenticare chi è rimasto indietro non per scelta ma per mancanza di opportunità”.
La Sicilia che ruolo può avere in tutto questo?
“E’ una regione con un potenziale enorme ma che non trova via di sviluppo. Deve lanciare la sfida a se stessa, non è possibile che in una autentica capitale del turismo non sia nata alcuna start-up giovanile in grado di progettare un’applicazione che faccia incontrare domanda e offerta in questo settore”.
Tornando al Pd, lei trova un partito litigioso e con qualche peccato alle spalle nei confronti degli elettori siciliani.
“Non vengo in Sicilia per giudicare la classe dirigente locale, ma per rilanciare il partito. Certo, bisogna ammettere che qualche eccesso di ambiguità c’è stato anche da parte nostra in una regione in cui tutta la politica pecca troppo frequentemente di trasformismo. Il partito ha bisogno di posizioni nette e di ritrovare la propria identità. In Sicilia troppo spesso si discute anche di come nascondere il simbolo del Pd che non è più visto come ‘vincente’, ma se siamo noi i primi a non credere più nel partito come possiamo chiedere alla gente di farlo?”.
Trasformismi e ambiguità hanno caratterizzato il Pd siciliano fin dai tempi della strana alleanza con Lombardo.
“Con la mia candidatura ci sarà spazio ai giovani e alle esperienze sociali. Se vincerò, allora le tessere e le iscrizioni non serviranno per fare scalate locali al partito che terrebbero fuori giovani ed energie fresche ma per partecipare alle decisioni sulla linea politica da seguire e sulle alleanze. I cosiddetti ‘pacchetti di tessere’ minano la volontà di partecipazione dei giovani che in questo modo si allontanano dalla governance del partito”.
A proposito di governance, in Sicilia il partito ha deciso di celebrare a fine 2018 la data del congresso regionale, anticipando la scadenza nazionale.
“Sono dell’avviso che i congressi andrebbero celebrati tutti contestualmente, per dare il senso di un grande momento di partecipazione. La scelta fatta dal partito nazionale di procedere in ordine sparso regione per regione è stata sbagliata. Unire i due momenti avrebbe giovato sicuramente”.
E’ ancora presto per fare i nomi dei papabili segretari nell’Isola?
“Assolutamente…i nomi li lascio decidere al partito ma mi auguro che prevalgano il coraggio e una grande apertura alle professioni e ai giovani. L’auspicio è che non vinca il partito autoreferenziale, sarebbero guai. Il Pd siciliano ha bisogno di un congresso vero e di un confronto sui contenuti perché gli elettori di questa regione si aspettano una ripartenza. Serve un congresso che stabilisca una leadership e una linea politica chiara e in questi mesi, invece, qui come in altre parti d’Italia dopo il 4 marzo, si è fatto fatica a individuare una linea univoca e incisiva nella vita politica”.