PALERMO – Tutti assolti: gli ex deputati regionale Gaspare Vitrano e Mario Bonomo e il nipote di quest’ultimo Marco Sammatrice. La Corte di appello di Palermo, presieduta da Fabio Marino, ha ribaltato la sentenza di primo grado.
Ed era stata una sentenza durissima: sette anni a Vitrano e sei anni e sei i mesi per l’ex deputato regionale Mario Bonomo e quattro anni e sei mesi per Sammatrice. Cinque anni dopo, l’assoluzione.
L’accusa era “induzione indebita a dare o promettere utilità”. Si tratta di un reato introdotto nel 2012 con l’articolo 319 quater che si configura quando “il privato soddisfa la pretesa del pubblico ufficiale, la cui richiesta è assistita da una pressione più contenuta, per ottenere un indebito beneficio”.
I privati in questo caso erano l’imprenditore Giovanni Correro e l’ingegnere Piergiorgio Ingrassia che avevano puntato il dito contro i politici.
Vitrano, ex deputato regionale del Pd (decaduto per questa vicenda) fu arrestato, a marzo del 2011, mentre intascava quella che è stata considerata dall’accusa una mazzetta di diecimila euro da Correro, imprenditore del fotovoltaico, nelle scale dell’Azienda sanitaria di via Cusmano a Palermo. Ha sempre sostenuto che si trattasse di una parte dei guadagni che gli spettavano.
In carcere era finito anche Ingrassia, l’ingegnere che avrebbe fatto da mediatore. Fu Ingrassia ad accusare Vitrano e Bonomo, pure lui ex deputato del Pd, svelando che i due erano titolari di fatto di società nel settore delle energie rinnovabili, formalmente intestate a prestanome.
Secondo l’accusa, i due parlamentari agevolavano le attività delle imprese snellendo i tempi e gli iter di autorizzazioni e procedure burocratiche.
Secondo i pm, Vitrano, Bonomo e Ingrassia erano in affari nella Green srl, un’impresa con sede a Palermo, che avrebbe ottenuto dalla Regione siciliana, grazie anche all’interessamento dei deputati, le licenze per la costruzione di due impianti fotovoltaici a Carlentini, nel Siracusano.
Proprio il fatto che esistesse una società fra i tre è stato uno dei punti sostenuti nella difesa degli avvocati Vincenzo Lo Re, Fabrizio Biondo e Paolo Ezechia Reale. Come dire, non si può imporre una tangente ad uno con cui si è in affari. La società era stata tenuta nascosta perché i politici volevano evitare una sovraesposizione. Una scelta discutibile, ma penalmente irrilevante. Una tesi che deve avere fatto breccia nel collegio.