"Sul 118, otto ore con il malato": la foto del crollo fisico

“Sul 118, otto ore con il malato”: la foto del crollo fisico in ambulanza

Attese lunghe, spesso lunghissime. Il personale sanitario è allo stremo negli ospedali e nelle ambulanze. La storia a Palermo.

PALERMO- Sto pensando a ciò che ho vissuto oggi (ieri, ndr) assieme alla mia équipe, vestiti per otto ore di fila con un sospetto in ambulanza poi essere positivo, otto ore interminabili e ancora non è finita…”. Così scrive un uomo del 118 di Palermo sul suo profilo Facebook. E pubblica le foto, le immagini della sua stessa stanchezza e dei colleghi stremati. C’è una infermiera accasciata sul volante.

Otto ore in ambulanza con il paziente

Otto ore, lunghissime e interminabili, sul mezzo del 118. E’ accaduto ieri a Palermo e chissà quante altre volte sta accadendo. Un paziente ‘sospetto’, per via dei sintomi, ma con un tampone rapido negativo, portato a Villa Sofia. Nelle tende attrezzate fuori dall’ospedale ci sono già malati positivi che aspettano di essere piazzati. Che si fa? Si aspetta in ambulanza, con l’equipaggio che non può muoversi e il paziente preso in carico. L’intervento è stato effettuato alle dieci del mattino. L’ambulanza aspetta, potrà andarsene via soltanto a tampone molecolare effettuato (positivo), quando sono ormai le sei di sera.

“Non parlateci del Natale…”

Un giro di telefonate con le persone che si occupano dell’emergenza confermano che la situazione è grave. I pronto soccorso sono saturi. Le procedure per il tampone domiciliare ancora stentano a sveltirsi. Il tracciamento diventa più complicato con la crescita dei casi. Gli equipaggi del 118, i medici, gli infermieri, sono esasperati e stanchi. “Per piacere, non parlateci del Natale.. Siamo in una situazione critica”. Come dire: non si può invocare al momento alcun ritorno alla normalità.

“Quelle persone sole”

“Ci sono persone che restano sole a casa – racconta un camice bianco -. Abbiamo soccorso due signori anziani che poi, purtroppo, sono deceduti. Quelli che restano non sanno che fare. C’è chi non ha nessuno, chi non ha figli, né famiglia…”. Il Covid sta spalancando un abisso di sofferenze e solitudini. Il dolore, per usare un gergo da pronto soccorso, è già in codice rosso.


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