Spente le nove candeline sulla torta di Cantiere Popolare, Saverio Romano rivendica la bontà delle ragioni fondative della formazione centrista. La corsa al grande centro, cronache alla mano, sembra molto più di una suggestione vintage. Soprattutto in Sicilia. Romano, da anni in prima linea per rimettere assieme i cocci dei moderati isolani, traccia la strada da imboccare.
Romano, che idea si è fatta dei vari cambi di casacca all’Ars in un momento così delicato come quello dell’emergenza sanitaria?
“Devo dire che L’assemblea regionale negli ultimi tempi, purtroppo, non sta dando un’immagine che è quella che si richiederebbe al Parlamento più vecchio d’Europa. Se posso utilizzare un mio caro adagio: dopo l’esperienza Crocetta, che aveva ridotto l’assemblea a un suk arabo, purtroppo siamo passati al caravanserraglio cioè quel luogo di transito delle carovane dei mercanti. Questo comporta che quando ci lamentiamo della disaffezione degli elettori dovremmo capire che un parlamentare in Sicilia per essere eletto non ha bisogno di tremila o quattromila voti perché questi non basterebbero. Per arrivare al 5%, considerato che c’è lo sbarramento, ne occorrono almeno 110000. Quindi, quando un parlamentare ritiene di essere stato eletto con i suoi voti di fatto tradisce tutto quel popolo che ha votato per quella lista. Questa gente tradita non può fare altro che uccidere quella politica che ormai si riduce a questo: ricercare la propria salvaguardia”.
Parliamo invece di progetti politici. A che punto siamo con l’operazione grande centro?
“Ieri via chat con gli amici di Cantiere Popolare abbiamo festeggiato nove anni di questa formazione che si incarica di dare il proprio contributo, come ne suggerisce il nome, per la costruzione del partito dei popolari europei in Italia. Dopo la diaspora democristiana, complice un sistema elettorale maggioritario e bipolare il centro si è indebolito. Oggi, dopo le esperienze che sono sotto gli occhi di tutti come i populismi, si capisce che la gente vuole un centro moderato al governo. Noi dobbiamo tenere fede ai nostri principi e ai nostri valori mettendo insieme tutte le energie che vogliono indirizzarsi verso questo obiettivo”.
A chi si rivolge?
“Io penso alle diverse realtà centriste presenti nel parlamento nazionale ma anche regionale che possono mettersi insieme e cominciare a discutere di ciò che serve alla nostra terra. Fare il centro senza avere un chiaro progetto di governo e dei modi affini alla nostra cultura diventa velleitario. Alle scorse regionali il centro (Cantiere Popolare, Forza Italia, Udc) totalizzarono il 32%. Musumeci fu eletto con il 42%: questo la dice lunga su quanto il centro pesi nell’elettorato siciliano. E io penso che peserà ancora di più in futuro se saremo capaci di mettere da parte ciò che ci divide e fare sintesi su ciò che ci unisce”.
Come giudica l’appello di Totò Cuffaro per creare una Dc 2.0?
“Lui stesso dice che la Dc è un’emozione. E’ ovvio che quella della Dc è una storia importante che ha interessato molti italiani (tra questi me, io sono nato in quel partito). E’ una storia non più ripetibile, ma quei valori e quei principi ereditati da Sturzo, De Gasperi e Moro possono ancora essere incarnati nella nostra attualità. Ovviamente con un soggetto politico nuovo che mette insieme tutti. Credo sia questo l’intento di Cuffaro e non quello di formare l’ennesimo partitino di cui non se ne sente il bisogno”.
Cambiamo argomento. Quanto giudica efficace l’azione politica del governo Musumeci?
“Purtroppo dare un giudizio in un clima emergenziale come quello di oggi sarebbe assolutamente falsato. Se dobbiamo verificare tutte le iniziative pre-Covid degli ultimi tre anni che avrebbero potuto dare una spinta allo sviluppo della Sicilia, devo essere molto franco: c’è molto arretrato, c’è molto da fare. E c’è anche qualche insoddisfazione”.
Come pensa si possa rilanciare l’azione di governo?
“Più volte ho fatto appello alla condivisione e alla possibilità che la politica si riappropri dei propri spazi. Più volte, invece, Musumeci ha voluto per la sua concezione fare delle scelte che ovviamente non ha condiviso con gli altri partiti: questo lo ha penalizzato e lo penalizza. Ma lui è il presidente della Regione ed è sua la responsabilità di governo, io mi attengo alle mie responsabilità. Quando Musumeci ha fatto bene non ho mancato di applaudirlo, quando ha fatto male non ho mancato di criticarlo come in questo caso”.
Ci sono progetti che Cantiere Popolare vuole sottoporre all’attenzione del presidente Musumeci?
“Abbiamo lanciato un’iniziativa che riguarda l’utilizzo del Recovery Fund. Abbiamo parlato del porto hub di Palermo, del collegamento dell’aeroporto di Palermo con quello di Trapani, il raddoppio del collegamento ferroviario da Canicattì a Comiso per rilanciare il mercato ortofrutticolo di quella zona. Inoltre, abbiamo indicato la pedemontana di Palermo, progetto che giace in un cassetto e aspetta soltanto di essere finanziato per realizzare una grande circonvallazione. Chiediamo al governo regionale di farsi carico di proporre al governo nazionale di inserire queste iniziative nel Recovery plan. E non solo.
Prego.
“Abbiamo anche proposto la grande piattaforma digitale del Mediterraneo poiché abbiamo circa 400 milioni di risorse da investire nel settore. Palermo è la città più cablata d’Italia e in Sicilia passano tutte le dorsali di comunicazione delle major. Cosa vogliamo di più per puntare su questo settore in maniera determinante?”