CATANIA – La richiesta di pena nei confronti dell’ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo dovrebbe arrivare mercoledì 9 dicembre. L’astensione dei penalisti fa slittare il termine della requisitoria delle pg (entrambe applicate) Agata Santonocito e Sabrina Gambino nel processo d’appello bis per concorso esterno in associazione mafiosa aperto dopo l’annullamento con rinvio della Cassazione. Il puzzle dell’accusa si compone di vari tasselli che ancora non sono stati completati. Il primo focus della discussione delle due magistrate si è concentrato sull’analisi di intercettazioni, indizi e dichiarazioni di collaboratori di giustizia che conducono ad ipotizzare un rapporto tra Ciccio La Rocca, capomafia del calatino fino a qualche anno fa, e Raffaele Lombardo. E in questo processo sono arrivate anche le dichiarazioni di Francesco Squillaci, detto Martiddina, che avrebbe ricevuto la confessione di questo legame proprio dallo stesso capomafia commentando – durante l’ora d’aria in carcere – la notizia dell’inchiesta che coinvolgeva l’ex governatore siciliano.
Nell’ultima udienza invece, dopo che la Corte d’Appello ha accolto la richiesta della difesa di acquisire la perizia di un’intercettazione riguardante Dario Caruana, il tracciato seguito dalle due magistrate è stato quello degli appalti che fanno tanto gola a Cosa nostra. Una discussione lunga e articolata quella affrontata dalle due pg, cinque ore segna l’audioplayer di Radio Radicale.
Tra il 2000 e il 2008, mentre si assiste al forte scontro tra gli Ercolano e i Santapaola (poi risolto), a Catania si concentrano molti affari immobiliari come la realizzazione di Etnapolis, del Parco del Pigno, il progetto Tenutella e i lavori del Porto di Catania. E in questa analisi vengono fuori le figure di alcuni imprenditori come Mariano Incarbone (condannato con sentenza definitiva, già espiata, nel processo Iblis) e Vincenzo Basilotta (defunto). Che per l’accusa sarebbero un po’ i ponti tra il mondo della politica e la mafia.
Il procuratore di Siracusa Sabrina Gambino rimette in fila alcune intercettazioni del 2007 – inserite in una nota del Ros – in cui si manifestano precise rimostranze su alcune aspettative che “il Presidente” non avrebbe esaudito. In questo mosaico di soldi e cemento, spiccherebbero le figure di Raffaele Lombardo e del fratello Angelo.
In questo viaggio si innescano poi i rapporti di Enzo Aiello, il signore degli appalti di Cosa nostra, e Vincenzo Basilotta. Quest’ultimo invece di pagare 700 mila euro al boss mafioso a titolo di messa a posto avrebbe versato i soldi a Lombardo per la sua campagna elettorale. La difesa definisce Basilotta un “ciarlatano e tragediatore”, ma per la Pg invece “Aiello ha piena accettazione dell’iniziativa presa dall’imprenditore per un assoluta convergenza di interessi”. “A noi altri la Regione ci interessa”, è un commento del boss citato dall’accusa. La matrioska comincia dal rapporto tra Aiello e Basilotta e tra quest’ultimo e Raffaele Lombardo. Prova dei contatti anche i lavori che l’imprenditore ha realizzato in alcune proprietà dell’imputato. Senza dimenticare le dichiarazioni del geologo Giovanni Barbagallo.
Nel ‘tracciato” della procura generale si inserisce anche “la vicenda Ciancio”, entrata al fotofinish nel processo di primo grado e che è diventata uno dei capitoli più discussi anche a livello mediatico della sentenza del gup Marina Rizza. La Corte d’Appello, invece, aveva nel verdetto (poi annullato con rinvio dalla Cassazione) ritenuto non vi fossero prove di “un ruolo e di un interessamento” dell’editore negli affari dei centri commerciali. La pg, dividendo il “piano politico” dal “piano delle relazioni”, sviscera i vari passaggi che porteranno alla realizzazione di Porte di Catania partendo dai terreni, alle componenti societarie, le varie fusioni, acquisizioni e i profitti.
Le finestrelle da aprire restano ancora numerose: un’analisi più articolata sulla figura e il ruolo di Mariano Incarbone, la vicenda collegata al parcheggio Sanzio, il caso Safab e le contestazioni sui reati elettorali. Sul piano delle sospette “relazioni mafiose” le due magistrate chiuderanno ‘il tracciato’ argomentando sulle dichiarazioni rese da Rosario Di Dio. E resta da chiudere anche il capitolo inerente il boss ennese Raffaele Bevilacqua. Anche se le carte giudiziarie riguardanti un recente blitz antimafia non sono state acquisite nel processo. La Corte d’Appello non ha accolto la richiesta del Pg.