Lombardo, tutte le accuse | per l'ex presidente - Live Sicilia

Lombardo, tutte le accuse | per l’ex presidente

La sentenza ha sancito una condanna a sei anni e otto mesi, per l'ex governatore. Ripercorriamo la storia del processo.

CATANIA– Il punto di non ritorno nel lungo calvario giudiziario di Raffaele Lombardo è stato segnato dall’imputazione coatta disposta dal Gip Luigi Barone che ha cestinato, nell’aprile del 2012, definitivamente, l’originaria richiesta di archiviazione della Procura. Il procedimento a carico dei fratelli Lombardo è passato dalla scrivania di tre diversi dirigenti dell’Ufficio: Vincenzo D’Agata, Michelangelo Patanè e Giovanni Salvi.

Le giornate infuocate in Dda, le diversità di veduta – tra i magistrati – sui presunti rapporti tra Lombardo e alcuni scagnozzi dei Santapaola, la sentenza Mannino sul concorso esterno in associazione mafiosa, sfoderata a più riprese dalla Procura, si sono scontrate con le paginette firmate da Barone, forte del lavoro meticoloso che avevano portato avanti, nel troncone di corruzione elettorale con mafiosi senza aggravante mafiosa, dai Pm Carmelo Zuccaro e Michelangelo Patanè. Entrambi hanno riportato in vita un procedimento che, dopo la diffusione della notizia – poi smentita – dell’arresto di Lombardo, era finito in balia degli equilibri dell’ufficio di piazza Verga.

Ad Iblis serviva un lavoro di verifica di quanto era stato documentato dai Ros. E’ arrivato, con le repliche della difesa, in quel procedimento nello stanzino della vecchia Pretura, dove pentiti e indagati parlavano, rivelavano, sbagliavano. In questo modo la creatura di Antonino Fanara, Agata Santonocito, Jole Boscarino e Giuseppe Gennaro, la principale inchiesta giudiziaria degli ultimi 30 anni, è tornata a vivere.

Sostiene Barone nell’unico atto di un giudize terzo, emesso sino a questo momento su Raffaele Lombardo: “Sussiste per tutti i fatti ora in esame, la circostanza aggravante prevista dall’art. 7 l. 102/91, risultando, allo stato, gravi indizi in merito al consapevole contributo offerto dai fratelli Lombardo all’associazione mafiosa Cosa Nostra etnea cui si erano rivolti stipulando in occasione delle varie tornate elettorali gli ormai noti patti di scambio. Sussiste altresì l’aggravante anzidetta per le modalità attraverso cui gli uomini d’onore, cui i Lombardo si rivolgevano di volta in volta, si attivavano per procacciare voti ai predetti”. E ancora, scrive Barone: “Sul punto, osserva questo decidente, che il successo tramite cui gli esponenti di Cosa Nostra riuscivano a procacciare voti in favore dei Lombardo non lo si può ridurre al denaro e ai generi alimentari che gli stessi elargivano ai terzi contattati, essendo di tutta evidenza che a monte la riuscita dell’operazione dipendeva dal potere di assoggettamento che gli uomini d’onore era in grado di esercitare sia all’interno che all’esterno del sodalizio”.

Le accuse di mafia
Pubblicamente, durante la famosa conferenza stampa del 19 novembre 2010, Raffaele Lombardo ha comunicato: “I miei rapporti con Barbagallo, Basilotta, Di Dio e Bevilacqua nascono in politica, nascono nell’impegno politico”. Ha parlato anche dell’incontro con il re del movimento terra Vincenzo Basilotta, condannato in appello a 5 anni per concorso in associazione mafiosa, la cui figlia è sposata con il dirigente dell’Mpa di Castel di Judica Gaetano Nastasi. Basilotta, dopo la carcerazione del 2005 risulta aver lavorato per la moglie di Raffaele Lombardo per le forniture nella tenuta di Ramacca. “Lombardo mi ha dato 90mila euro più Iva, ha detto Vincenzo Basilotta al mensile “S”- ci ha pagati… e che c’è di male?”.

Oltre all’incontro con Raffaele Lombardo nel ristorante “Il canneto” al momento della presentazione delle liste, Basilotta, secondo Barbagallo, avrebbe “minacciato i suoi operai, pena il licenziamento, se si fossero rifiutati di votare Oliva (Mpa ndr)”. Lo stesso Barbagallo confidandosi con Aiello, riferendosi a Basilotta sottolineava,: “il referente di Lombardo sono io…non è lui…Anche la segreteria di Raffaele mi hanno chiamato due volte, sarà che si è andato a lamentarsi e come se io, e che sto portando ad Angelo Lombardo e come se fosse un reato a Castel di Iudica và, ma che cosa si sono messi in testa questi scemi và ognuno è libero di fare quello che vuole”. Quando il primo giugno Vincenzo Aiello viene a sapere di un possibile e imminente incontro con “Raffaele”, esclama: “Domani è festa!”. “… E’ festa… – risponde Barbagallo – ci dobbiamo incontrare con Lombardo…”. “… oggi alle tre che c’è lui lì, Raffaele?”, insiste il capo mafia Aiello, “… alle tre e mezza -spiega Barbagallo- si ma ci vado un attimo…”. Aiello conclude: “… ma Raffaele c’è? Ma che spacchio gli ha messo a due della DDA nella Giunta Regionale?”. Secondo Barbagallo, il presidente starebbe tentando di farsi delle “coperture” nominando i noti magistrati come assessori.

L’accordo
“Attenzione! Fagli vedere un quarto di culo, gli dici: “per qualsiasi cosa viri ca ficiumu l’accoddu ppe soddi!”. Vedi che abbiamo fatto l’accordo per i soldi. Parlano di “accordo” e di soldi il capo mafia Vincenzo Aiello e il presunto affiliato Giovanni Barbagallo, autonomista convinto, vecchio conoscente “per questioni di lavoro”, ha detto ai pm, del boss Pippo Ercolano oltre che compagno di caccia di Nitto Santapaola. Nell’Mpa Barbagallo si occupa della ricerca di candidati, viene fotografato mentre si reca nella segreteria autonomista del viale Africa con alcuni picciotti, viene intercettato numerose volte mentre discute con Aiello di politica e affari. Soprattutto i soldi interessavano al boss Aiello, che aggiungeva: “…per il resto, gli dici: “prima n’abbessi i travagghi…”.

Il 20 aprile, all’ordine del giorno ci sono le aspettative della mafia sui risultati delle nuove elezioni regionali e politiche. “Angelo ora se ne andrà a Roma…e ci interessa anche…Enzo…lo hai capito? Angelo se ne va a Roma”. Parole di Barbagallo, al quale risponde Aiello: “…ma a noi altri lì alla Regione ci interessa!”. Il discorso verte sui “soldi”, “da dove arrivano? – chiede Barbagallo – non arrivano dai vari ministeri? Enzo…uno deve avere sia qua che la…io… Enzo… per quello che ho potuto fare ventidue milioni di euro (22.000.000.00 €, ndr) li ho fatti arrivare… ora ho avuto uno spiraglio… vedi… c’erano dei residui alla Regione… siccome sono amico con il capo di gabinetto al territorio…”. I mafiosi parlerebbero di “lavori pilotati” secondo i Pm, il capo di gabinetto sarebbe Santino Catalano, lo stesso che parteciperà alla festa autonomista di contrada Margherito, messosi in aspettativa per candidarsi con l’Mpa. Barbagallo avrebbe chiesto 500mila euro da spendere a Raddusa (eh …dammi… …a Raddusa 500.000 euro”), soldi poi arrivati “…e me li ha dati…”.

Per il boss Vincenzo Aiello è una questione di principio. “Non vi scuddati – dice agli affiliati – ci resi i soddi nostri! Del Pigno…ci resi a iddu ppa campagna elettorale”. Soldi di una presunta messa a posto che ammonterebbe a circa il 2% dell’intero affare: un centro commerciale del valore di decine di milioni di euro nella parte Sud di Catania. Frasi che Giovanni Barbagallo ha confermato ai pm come uscite dalla bocca del capomafia. I pm originariamente titolari dell’inchiesta Iblis ritenevano che testimoniassero, insieme ad altre intercettazioni, “la capacità dell’associazione mafiosa di disporre di argomenti tali da indurre in qualunque momento Lombardo ad intervenire per assicurare la buona riuscita di affari e dei progetti coltivati da quell’organizzazione criminale che aveva supportato, anche economicamente, la sua elezione”.

A Gravina di Catania, mentre si andava al voto per le politiche, Aiello e Barbagallo preparavano le liste per l’Mpa dopo cinque anni di governo autonomista. Viene intercettata la conversazione tra Barbagallo e Alfio Stiro, referente del boss Salvatore Tuccio (detto “Turi di l’ova”, quello dell’incendio della Standa di Catania e delle estorsioni alla Sigros), che concordano la candidatura del genero di Stiro nelle liste Mpa. Stiro è stato condannato definitivamente per associazione mafiosa, precedenti per detenzione e porto d’arma da fuoco, già sottoposto a sorveglianza speciale, è lo stesso che subito dopo le regionali e le politiche, attenderà l’arrivo di Angelo Lombardo alla festa organizzata nella casa di Barbagallo. Festa a base di auto di lusso e vino rosè alla quale era stato invitato anche Raffaele Lombardo “ma la domenica – ha replicato il presidente – faccio il cosiddetto pisolino e non ci sono andato”.

Rosario Di Dio, “esponente di primissimo piano della famiglia Santapaola”, secondo i pm avrebbe intrattenuto “rapporti diretti” con Raffaele Lombardo quando era sorvegliato speciale. “…Da me – dice il boss intercettato riferendosi a Lombardo – all’una e mezza di notte è venuto ed è stato due ore e mezza, qua da me, dall’una e mezza alle quattro di mattina… si è mangiato sette sigarette”. “Recandosi nottetempo – scrivevano i pm che hanno indagato su Iblis – a casa dell’amico mafioso per chiedere il suo appoggio elettorale sapeva che una richiesta di voto proveniente da un soggetto dotato di indiscusso prestigio criminale non poteva essere tanto facilmente disattesa… la circostanza che l’incontro si sia svolto dall’una e mezza alle quattro di notte può spiegarsi soltanto con la consapevolezza che i fratelli Lombardo avevano di recarsi a casa di un mafioso”. In una delle conversazioni il boss racconta della richiesta di voti dell’assessore provinciale Orazio Pellegrino dell’Mpa “uomo di Raffaele Lombardo”.

Enna-Catania telefoni roventi.
E’ un tipo meticoloso lo storico boss di Enna Raffaele Bevilacqua, annota tutto nell’agendina personale. Durante la campagna elettorale del 2003 scrive: “ore 8 da Raf”. Poi un nuovo appuntamento pochi giorni dopo: “ore 8.30 da Raf…a chi fare domanda per aeroporto?”. “L’ho incontrato sotto casa mia, mi chiedeva un posto di lavoro per il figlio, non c’è niente di male in questo…”. Parole del presidente in conferenza stampa, parole accuratamente trascritte degli investigatori. Lombardo, secondo i pm di Iblis, sarebbe stato “consapevole” di incontrare un “impresentabile”. Lavoro e voti alla base delle telefonate intercettate in piena campagna elettorale quando le cornette diventano roventi grazie anche a Salvatore Bonfirrario, “personaggio di sicura caratura criminale affiliato all’associazione criminale del Bevilacqua” che viene anche redarguito da Lombardo in questo modo: “Ma che cazzo ti hanno fatto e fatto – dice Lombardo – ti hanno chiesto di votare Palermo e stai votando Palermo…”. E Bonfirraro riferendosi al boss Raffaele Bevilacqua rispondeva: “Diciamo che Raffaelluccio, Raffaelluccio si è schierato con Palermo su imput di Silviuccio Cuffaro e quindi tu stai eseguendo questa cosa”. Emblematico un ulteriore episodio considerato dagli investigatori: “la telefonata tra il Bonfirraro ed il Bevilacqua intercettata il 17 Maggio 2003, nel corso della quale Lombardo si rifiuta di parlare al telefono con il Bevilacqua se non per il tramite del Bonfirraro”.

L’ala di Caltanissetta
Amico dei boss Lorenzo e Domenico Vaccaro, Ercole Jacona, “Ercolino” divenne uomo d’onore nel 1994 in un casolare di contrada Roccella di Caltanissetta. Agli atti di Iblis c’è il suo racconto dell’ascesa del boss Salvatore Seminara “che in quel periodo -ha detto “Ercolino”- comandava mezza Sicilia e con il benestare di Ciccio La Rocca voleva riunire tutte le famiglie della provincia di Caltanissetta”, e la descrizione di un incontro con Maurizio La Rosa ritenuto “responsabile di Gela” “Maurizio La Rosa – ha aggiunto “Ercolino”- mi contattò per chiedermi aiuto per sostenere le elezioni di Cirignotta a Gela, in tale occasione mi disse che avevamo l’appoggio del presidente Raffaele Lombardo nella zona di Caltanissetta e provincia per gli appalti. La Rosa mi disse anche di aver saputo da Seminara che il presidente Lombardo era “manovrato” da Ciccio La Rocca, nel senso che questi era in grado di ottenere appoggi per l’aggiudicazione di appalti che poi venivano eseguiti da imprese vicine a noi”. Coordinati dall’ex procuratore di Catania, i pm di Iblis sono andati direttamente alla fonte di Jacona interrogando La Rosa. “Seminara le parò di questa cosa di Lombardo…”, chiede il Pm D’Agata. Risponde La Rosa:“Si, le elezioni, si, va bene…insomma ci saranno… Insomma, vince sicuramente Lombardo”. Ancora D’Agata: “Questo discorso fra lei, Seminara, su Lombardo, come si è articolato?…”. “Seminara -aggiunge il Pm Antonino Fanara- le raccontò qualcosa di specifico?” Il mafioso entra nei particolari. “Seminara mi raccontò più di specifico…mi raccontò che c’era stato un incontro con alcuni soggetti di Catania, dove partecipò Lombardo! Dove tutte le famiglie mafiose, cioè famiglie mafiose…Lo stesso Seminara mi disse che partecipò a una riunione con alcuni amici suoi di Catania, dove in quella riunione c’era anche Lombardo. Questo successe prima…nel corso dell’anno 2008, prima delle elezioni”. Incontrandolo mentre appendeva manifesti, Salvatore Seminara gli avrebbe riferito: “se ci hai qualche amico eh…per noi è preferito…questo Lombardo”.

E ancora Seminara, secondo il racconto di La Rosa ai Pm, avrebbe aggiunto: “Lombardo è un amico…, sta vicino a degli amici di Catania…, ci hanno chiesto la preferenza…, se…familiari, amici…Per noi è preferito questo qua”.

 

 


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