O voi che già vi sentite afflitti perché l’inizio dell’era Draghi vi fa l’inconfessabile effetto di uno sceneggiato degli anni Sessanta in bianco e nero, al posto di certe trucide fiction a colori. E già rimpiangete il Papeete, il Mojito, i due Dpcm al prezzo di uno, oggi di che colore siamo?, e quel variopinto mondo da scolaresche nel retro del pullman, prima che arrivasse il professore incaricato della sorveglianza, ecco, voi non siete soli. A Messina c’è un prode che lotta insieme a voi contro il calo glicemico provocato dall’aplomb.
L’eroe si chiama Cateno De Luca e della città normanna è appunto il sindaco. Un talento naturale quando veste i panni rutilanti del pubblico intrattenitore. Come ieri sera, e poi ieri notte, quando, con un consapevole effetto drammaturgico, ha strappato in diretta il foglio delle sue dimissioni annunciate, poco prima che diventassero operative. Sullo sfondo della pandemia, la polemica su presunte inefficienze sanitarie, nella filigrana di un evento che è anche politico e che, tuttavia, diventa quasi impalpabile con i suoi torti e le sue ragioni. Che importa? Conta di più la drammaturgia.
Così, nell’effetto scenico Cateno ha dato ostensione di sé, rincuorando indirettamente quanti erano abituati allo show, alle crisi di governo gestite in spiaggia, ai ‘Vaffa’ in allegria: tanto non ci fa niente, agli impeachment minacciati ai danni di un Presidente della Repubblica capace di incenerire le obiezioni incontinenti con una alzata di sopracciglio, alle parate social per celebrare un arresto. E il merito c’era e c’è sempre, ma non è necessario che si veda.
Sospinto da ‘The show must go on’ Cateno si è scatenato – sulla sua pagina Facebook resiste un video consegnato alla posterità – con i bicchieri e lo spumante, con la lavagna dei buoni e dei cattivi, a suo dire, fino allo ‘strap strap’ che ha consumato l’epilogo. Al posto di Musumeci, di Razza, del consiglio comunale, avrebbero potuto esserci, nell’epicentro della collera, dei toni rustici e degli epiteti, Rintintin, gli indiani, Nonna Papera, Jeeg Robot, Al Bano e Romina, o l’ultimo dei Mohicani. Nessuno avrebbe notato la differenza. Perché, appunto, erano essenziali le bollicine che indicano un antidoto alle grisaglie, al grigiore del ruolo istituzionale: cose che la gente dice di preferire, ma che, in realtà, ama come la dieta, quando si è a dieta.
Magari – sono consigli di un guardone, fra tanti – sarebbe meglio, sindaco, abolire la risatina ghignante dell’intercalare. Dava un effetto ‘Profondo rosso’ che, specialmente di notte, potrebbe provocare turbamenti. Come pure sarebbe saggio non indulgere nella cavernosità del timbro per lo stesso motivo. Se uno chiude gli occhi pensa di assistere a un comizio dell’imperatore Palpatine.
Non si può comunque non citare un estratto. “Se esco vivo e a piede libero da questa esperienza, chissà, un giorno, vorrei tentare di realizzare il mio sogno politico che è quello di fare il presidente della Regione, ma passa da Messina, quindi le vostre provocazioni mettetevele… (ehm ehm)”.
Ricomincia (ci prova) l’età della moderazione come forma e sostanza? Niente paura. C’è Cateno che resiste, a Messina. Non se ne va. Taaac! Cioè: straaap! E noi saremo qui, di ‘Delucata’ in ‘Delucata’, con la stessa partecipazione delle bellissime ragazze che, alle spalle del protagonista, traducevano il suo eloquio nella lingua dei segni, affinché nemmeno una sillaba andasse perduta. Un viaggio in pullman senza ritorno dalla curiosità allo sfinimento. Almeno è gratis.