Arata, Nicastri e le tangenti: le parole di Micicchè, l'ira di Pierobon

Arata, Nicastri e le tangenti: le parole di Micicchè, ira-Pierobon

Il presidente dell'Ars e l'assessore sentiti come testimoni al processo

PALERMO – Gianfranco Miccichè nega di avere cercato di favorire le imprese di Paolo Arata e nulla sapeva della società con un personaggio ingombrante come Vito Nicastri. Dall’assessore alle Attività produttive Mimmo Turano ricevette una sorta di alert: “Lascia stare questa cosa (e cioè la pratica per costruite un impianto di energie alternative in provincia di Trapani) perché c’è gente che non mi piace”. Turano, però, non gli fece mai il nome di Nicastri, il ‘re del vento’ con un patrimonio confiscato per la sua contiguità con Matteo Messina Denaro e la mafia trapanese.

L’assessore Alberto Pierobon si rammarica che nessuno, pur avendo dei sospetti, “si è preso la briga di avvisarmi. Io l’ho appreso dalla stampa (si riferisce al contenuto dell’inchiesta e delle intercettazioni in cui emergerebbe che Micciché e Turano sapessero della società Nicastri). Miccichè dice una cosa, Turano ne dice un’altra e nessuno mi ha avvisato. Io non sono siciliano ma difendo gli interessi dei siciliani. La cosa mi ha fatto arrabbiare. Ho pure avuto una discussione con Turano nel giardino dell’Ars”.

Il presidente dell’Assemblea regionale siciliana e l’assessore all’Energia sono stati sentiti come testimoni al processo in corso a Palermo, davanti al Tribunale presieduto da Bruno Fasciana, che vede imputato tra gli altri Paolo Arata, professore genovese, per un periodo consulente del centrodestra per i temi energetici e imprenditore nel settore. Nicastri ha scelto di patteggiare una condanna per corruzione.

Secondo l’accusa, i progetti del duo Nicastri-Arata avrebbero avuto una corsia preferenziale che però non bastò ad ottenere il via libera. Miccichè ha confermato di conoscere Paolo Arata, per via dei suoi trascorsi di deputato alla camera. Così come ha confermato di averlo incontrato su segnalazione di Alberto Dell’Utri, fratello di Marcello, ma “solo per un fatto di cortesia”.

Micciché sapeva che Arata aveva un impianto in provincia di Trapani e chiamò il direttore dell’assessorato e l’assessore “per sapere a che punto è la pratica, ma non sono mai entrato nel merito. Li fece incontrare per un fatto di cortesia. Arata mi disse che la pratica aveva qualche motivo di rallentamento. Io sono intervenuto, come faccio sempre quando ci sono rallentamenti che si possono evitare. il mio obiettivo è eliminare tutte le lentezze. Mai fatto pressioni, però, per fare qualcosa che non si ritiene corretta.

Un altro incontro lo ebbe con Arata in assessorato. C’era pure Turano: “Non ricordo che decise di coinvolgere Tirano che non era interessato (si riferisce all’assessorato di competenza), immagino perché è trapanese. Durante il loro incontro io sono stato al telefono. Non ho sentito neanche ciò che si dicevano. Alla fine Turano mi disse ‘lascia stare questa cosa c’è gente che non mi piace”. Ma non gli fece il nome di Nicastri.

Ed è ora che il pubblico ministero Gianluca De Leo chiede a Micciché se riferì a Pierobon dei sospetti di Turano. Il presidente Fasciana aggiunge se non si sentì in dovere di mettere in guardia l’assessore: “Non ricordo se ne parlai con Pierobon, erano sensazioni non certezze”. E poi, conclude Micciché: “Turano e Pierobon sono nella stessa giunta”. Si torna in aula il prossimo 23 febbraio, quando saranno sentiti Turano e un altro assessore Toto Cordaro.

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