Concorsopoli all'Università: è il turno delle difese - Live Sicilia

Concorsopoli all’Università: è il turno delle difese

Discusse le posizioni di Monaco, Sessa, Gallo e Cavallaro. Intanto tiene banco la polemica sulle dichiarazioni della Ministra Messa sul processo.

CATANIA – La sfida nell’udienza preliminare dell’inchiesta Università Bandita sui concorsi cuciti su misura potrebbe decidersi a livello giurisprudenziale. Il processo che vede imputati gli ex rettori Francesco Basile e Giacomo Pignataro e altri 8 prof è arrivato a un punto cruciale. Manca infatti poco alla decisione del gup sulla richiesta di rinvio a giudizio chiesta dai pm Raffaella Vinciguerra, Marco Bisogni e Santo Di Stefano (tranne per Giancarlo Magnano di San Lio che ha optato per l’abbreviato). I docenti – secondo la Procura – avrebbero ‘orchestrato’ un sistema in grado di “pilotare” gli esiti di alcuni bandi all’interno dell’Ateneo catanese. La Digos ha documentato, attraverso intercettazioni, una serie di condotte ritenute “illecite” dalla procura. Ricostruzioni sempre respinte dai protagonisti.

“Non luogo a precedere”

È arrivato il turno delle difese. Nell’ultima udienza hanno discusso l’avvocato Tommaso Tamburino che assiste Carmelo Monaco, l’avvocato Carmelo Peluso, che assiste Giuseppe Sessa, l’avvocato Goffredo D’Antona che assiste Giovanni Gallo e infine gli avvocato Pietro Granata e Rino Licata che difendono Michele Maria Bernadetta Cavallaro. Tutti hanno concluso chiedendo alla gup Marina Rizza sentenza di “non luogo a procedere”. I cinque penalisti sono stati concordi nell’affermare che non vi è alcuna “associazione a delinquere”, ma che gli incontri fanno portare della normale attività “politico-accademica” in vista dell’elezione di un rettore. D’Antona, inoltre, ha evidenziato che Gallo non ha mai partecipato “agli incontri pre-elezioni”. Ma inoltre è stato evidenziato che nelle ipotesi contestate non si può applicare il reato di turbata libertà della scelta del contraente (come già argomentato dal Riesame nel caso di Roberto Pennisi, ndr) e inoltre con l’introduzione dell’ultima riforma non si può contestare nemmeno l’abuso d’ufficio senza una indicazione specifica sulla violazione.

La riforma del reato di abuso d’ufficio

“Ho sostenuto la non configurabilità del reato di turbata libertà nella scelta del contraente (353bis cp) – riassume l’avvocato Rino Licata – trattandosi di reato applicabile solo agli appalti e non ai pubblici concorsi. In particolare, non esiste alcun contraente -come richiesto dalla norma penale- nel concorso a docente universitario: si tratta di candidati, che, se vincitori, vengono assunti con atto amministrativo di nomina. Ho sostenuto che non è neppure configurabile l’abuso di ufficio, specie dopo la ultima riforma: la stessa Procura non ha indicato nell’imputazione la norma di legge, con condotta specifica, che si assume essere stata violata. Non è difatti sufficiente il richiamo alla norma generale di cui all’art. 97 costituzione.  Infine, ho sostenuto che difettano tutti gli elementi costitutivi del presunto reato associativo. Per quanto riguarda la mia assistita – conclude – si tratterebbe semplicemente di normali rapporti tra direttore di dipartimento, colleghi e rettore”. Le altre quattro posizioni(Basile, Pignataro, Giuseppe Barone e Roberto Pennisi) saranno discusse il 20 maggio. Il pm Marco Bisogni ha già annunciato repliche. 

La polemica sulla mancata costituzione del Miur

Intanto, in questi giorni, ha tenuto banco la polemica suscitata dalle parole della Ministra dell’Università e Ricerca, Maria Cristina Messa, che in un’intervista a ribadito che non ci sarà una costituzione del MIUR come parte civile nel processo. Alcuni studenti dell’ateneo ritengono errata questa scelta. E sulla stessa scia è l’opinione di Matteo Iannitti esposta attraverso un post sui social. Ma anche dagli scranni del Parlamento arriva l’invito alla Ministra a cambiare idea. La deputata del gruppo Misto Simona Suriano, in una nota, ricorda che “il precedente ministro, Gaetano Manfredi – rispondendo a una mia interrogazione  – aveva garantito il fatto che il Miur avrebbe preso parte al processo invece scopriamo adesso che non ve n’è intenzione. Si tratta di un gesto che amareggia e lascia basiti. Ribadisco con forza un ripensamento da parte della ministra: soltanto così si potrà tutelare Catania”.


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