Omicidio con 57 coltellate: sconto di pena per moglie e figli

Omicidio con 57 coltellate: sconto di pena per moglie e figli

Il delitto nel 2018. Già in primo grado era stata esclusa la crudeltà

PALERMO – La pena scende da 14 anni ciascuno di carcere a 9 anni. La Corte di Appello, presieduta da Angelo Pellino, riforma la sentenza di primo grado per l’omicidio di Pietro Ferrera, ucciso con 57 coltellate in un appartamento a Palermo.

Salvatrice Spataro e i figli Mario e Vittorio Ferrera hanno ottenuto uno sconto di pena, ma la condanna va al di là della richiesta della Procura generale: sei anni.

Il fatto fu gravissimo, ma agli imputati per omicidio, difesi dagli avvocati Giovanni Castronovo e Simona La Verde, già in primo grado erano state concesse le attenuanti generiche ed era stata esclusa l’aggravante della crudeltà. Uccisero un uomo, marito e padre, nel contesto di una vita familiare da incubo. Per ultimo il marito pretendeva di avere un rapporto sessuale con la moglie.

I tre imputati, presenti in aula alla lettura del verdetto, sono agli arresti domiciliari. Pietro Ferrera aveva 49 anni quando fu ucciso nel 2018 in un appartamento di via Falsomiele.

Il primo colpo fu inferto dalla moglie, poi i figli sentirono le urla e si precipitarono nella stanza armati pure loro di grossi coltelli da cucina. Dissero che volevano soltanto difendere la madre. Pietro Ferrera tentò una reazione, aveva ferite alle braccia e alle mani, oltre a quelle nel collo e al torace. Fu raggiunto da colpi “micidiali”, alcuni inferti quando era già per terra e privo di sensi.

Spataro, 46 anni, Mario e Vittorio Ferrera di 21 e 21, lavoratori diligenti e rispettabili, tutti incensurati, uccisero Ferrera per via di “un crescente stato di angoscia” che ha alimentato “rabbia, odio ed esasperazione”. A tutto ciò si aggiunge la paura che scaturiva dal fatto che all’indomani del delitto la moglie avrebbe dovuto formalizzare la denuncia contro il marito. Qualche settimana fa Salvatrice Spataro ha scritto al giudice. “Non è semplice raccontare cosa è stata la mia vita in ventitré anni di matrimonio…”, era l’incipit della memoria difensiva in cui ha ripercorso anni di soprusi, minacce, violenze e umiliazioni.

La Corte ha confermato il diritto al risarcimento il diritto al risarcimento dei danni nei confronti dei parenti della vittima, costituiti parte civile con l’assistenza degli avvocati Emilio Chiarenza e Monica Genovese.

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