CATANIA – “Una vicenda bruttissima, con contorni terribili, psichiatrici”: è così che Salvatore Aleo, ordinario di diritto penale e criminologia all’università di Catania, definisce i fatti di Aci Trezza e Trecastagni, con il femminicidio di Vanessa Zappalà e la morte per suicidio del suo uccisore, Tony Sciuto. Il criminologo sottolinea l’importanza di cambiare approccio culturale alla violenza, puntando sull’educazione.
Violenza domestica
“Ci sono diverse considerazioni da fare sull’accaduto – dice Aleo – la prima delle quali è che di tutte le violenze possibili quella domestica è, per certi versi, quando ci sono questi aspetti così gravi, la più prevedibile di tutte, perché carnefice e vittima si conoscono già prima dei fatti. Dunque la prevenzione andrebbe più attentamente concepita e studiata, perché realizzabile. Questo – precisa Aleo – fermo restando che di ogni procedimento giudiziario bisognerebbe parlare dopo aver visto le carte e averne studiato bene i particolari”.
Un fatto culturale
Passando a considerazioni più generali, Aleo sottolinea che è la prevenzione, più che le misure di polizia, a dovere entrare in gioco quando si parla di femminicidi: “Non dobbiamo enfatizzare troppo il ruolo delle misure detentive, nella nostra testa – dice Aleo – ex post si può dire che quest’uomo avrebbe dovuto essere detenuto, ma prima dei fatti per prevenire ogni singolo caso dovremmo diventare uno stato di polizia, che detiene tutti. Fermo restando che di fronte a fatti così eclatanti come quello di ieri la prevenzione, anche con provvedimenti restrittivi, è doverosa e si impone, non bisogna immaginare che questi problemi si risolvano con misure restrittive. Questi problemi si risolvono con la cultura, con la scuola, con una diversa nozione del rapporto tra uomo e donna, su cui abbiamo fatto grossi passi avanti e progressi ma su cui siamo ancora molto indietro”.
L’idea che tutto si possa risolvere solo con il controllo di polizia o degli apparati giudiziari è, quindi, fallace: “Questi casi sono frutto non di omesso controllo – dice Aleo – ma di una società malata dal punto di vista culturale. Ancora, fermo restando che di fronte a un uomo come quello che ha agito ieri ad Aci Trezza la denuncia avrebbe dovuto sortire effetti più efficaci, in generale non enfatizzerei la cultura della polizia, del braccialetto elettronico, del controllo. Non possiamo pensare di assegnare un poliziotto a ogni maschio geloso, ci vuole un approccio meno poliziesco e più socio-preventivo, cultural-preventivo, e dunque con la scuola, l’università, l’educazione dei bambini, il rispetto delle donne, delle quali abbiamo ancora un’immagine molto arretrata. L’idea che il rapporto tra uomo e donna sia un rapporto di potere mi sembra il cuore del problema. Non c’entra niente con l’amore un rapporto di coppia vissuto come un rapporto di violenza”.
“Una società violenta”
Salvatore Aleo espande il tema della violenza di genere a quello più grande della violenza della società: “La nostra società esprime troppi messaggi di violenza, in tutte le forme possibili – dice Aleo – tutte le società, anche le più avanzate, promanano messaggi di violenza in tutti i sensi, di tutti i generi, al cinema, nello sport, nel quotidiano. Anche nella vita quotidiana si può vedere una società violenta, che produce relazioni violente, e nella realtà domestica la violenza si esercita più facilmente perché i maschi si sentono più protetti, onnipotenti”.