PALERMO – Una certezza che crolla e una pista che prenderebbe corpo. È sempre più un giallo la scomparsa di Andrea Taormina. Quando si sono perse le sue tracce era sulla sua barca a vela al largo di Castellammare del Golfo. Era partito da San Vito Lo capo ed era diretto a Balestrate. Il mare era calmo.
Il ritrovamento dei resti di una barca
Partiamo dalla certezza crollata. Alcuni resti di una barca a vela sono stati trovati al largo di Castellammare del Golfo, localizzati nella zona coperta dalla cella a cui si è agganciato per l’ultima volta il telefonino di Taormina: si tratta di un copri-salvagente, un parabordo e una scaletta. Gli investigatori si erano detti sicuri che appartenessero alla ‘Malandrina’ (così Taormina aveva chiamato la sua barca) ma a smentire la circostanza è stata la testimonianza della fidanzata e di un amico dello scomparso. È vero che il parabordo e il copri-salvagente sono uguali a quelli ritratti in una fotografia della barca di Taormina, ma si tratta di attrezzi comuni a mille altre imbarcazioni. Molto più tranciante il discorso sulla scaletta: quella recuperata in mare era di plastica bianca mentre il Malandrina ne ha una in legno.
L’ipotesi Tunisia
Negli ultimi giorni si fa spazio un’altra ipotesi. La più imprevista e imprevedibile. Una pista porta fino in Tunisia. È qui che negli ultimi mesi Taormina si è recato cinque volte. Nel paese africano aveva interessi e contatti. Potrebbe essere stata, la sua, una fuga? Da chi o da cosa? Inutile sperare di ottenere informazioni dal legale della famiglia Taormina, l’avvocato Alessandro Pergolizzi. Nulla trapela, se non che la famiglia è sempre più convinta che Taormina non sia rimasto coinvolto in un incidente mortale in mare. Sono in corso le indagini della procura e contemporaneamente quelle difensive, da cui potrebbero emergere colpi di scena.
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