E’ morto Luigi Corradi, palermitano, disabile. Mi verrebbe da scrivere che era un grande uomo, ma sarebbe troppo banale. Luigi era un uomo che si sforzava di rendere le cose meravigliose, nonostante tutto. Era malato di distrofia muscolare. Ha lottato affinché i corpi emarginati di Palermo risultassero meno invisibili agli occhi di coloro che pensano di avere il merito della salute e della fortuna. Luigi lo conoscevo a malapena. E l’ho incontrato in pochissime occasioni. Ogni volta era immerso in una battaglia di coraggio e di civiltà contro le cosiddette barriere architettoniche di questa città. Ma Luigi sapeva bene che le siepi aguzze sono soprattutto nella testa. Ci viene difficile comprendere le esigenze dell’handicap, delle creature metà carne, anima e metà carrozzina. Luigi sapeva che ogni disabile, senza volerlo, è un presagio della sofferenza che toccherà a tutti. Li evitiamo come gli appestati, credendo di scansare o di ritardare il nostro dolore.
Chi scrive ha avuto qualche fortuna. Tra i doni che ho ricevuto, annovero la compagnia di un fratello nato in piedi e morto in sedia a rotelle. Si chiamava Marcello. E’ stato un regalo da somministrarsi con cautela, curando la giusta dose di equilibrio tra la gioa di ritrovarsi e lo strazio di perdersi. Tuttavia, è stato un regalo perché ha spalancato il mio sguardo sul mondo in penombra del male condiviso, il pianeta che nemmeno nominiamo per paura di venirne contagiati. Durante il mio praticantato per un più giusto sentimento del passaggio terrestre, mi è venuto spesso in mente il valore di Luigi Corradi. Ho rammentato le sue sfide contro il granitico monolite dell’assenza altrui. Un cammino difficile e concreto per le cabine H a Mondello, da presidente della sua associazione “Orizzonti futuri”. Il futuro era il sogno più forte di Luigi che è morto a 51 anni. Aveva la distrofia muscolare. Ma che bella la sua vita vissuta con gli occhi aperti.