Dopo che un terzo dell’Ars lo ha censurato, dopo che l’Udc ha detto “deve andarsene”, dopo che Fli ha aggiunto “sarebbe meglio che se ne vada”, dopo che alcuni esponenti del Pd lo hanno definito “poco credibile”, dopo che persino pezzi dell’Mpa hanno ammesso: “Con i tecnici non si può dialogare”, Massimo Russo, commentando a caldo l’esito della mozione contro di lui, ha detto: “Mi pare chiaro che riparto più forte di prima”. Poco dopo ha anche spiegato i motivi della sua “sicurezza”: “Semplice – ha detto – io so’ io e voi nun siete un cazzo”.
Così, l’assessore s’è subito rimesso a lavoro, con più decisione di prima. Ha risposto allo scandalo della mancata somministrazione di farmaci ai malati delle cliniche private con la promessa di un’ispezione alla clinica Latteri. Il giorno dopo, i vertici della clinica hanno pensato bene di utilizzare i fondi in bilancio per l’acquisto del Tad, per ordinare 1200 manifesti di “Team Sud” con i quali hanno tappezzato i corridoi. Ma per l’assessore, ecco anche qualche boccone amaro. In commissione sanità all’Ars, per la precisione, dove i deputati lo hanno costretto a bloccare il suo decreto sui punti nascita. Un attimo dopo la decisione, Antonello Cracolici è rientrato in Commissione chiedendo: “Sono stato un attimo al bagno, è successo qualcosa?”.
Di certo è stata una settimana assai pesante per la sanità siciliana. E il clima da “caccia alle streghe” ha coinvolto anche l’altro ex magistrato-assessore. Caterina Chinnici, infatti, ha dovuto incassare le ingiustificate critiche su una consulenza del marito, Manlio Averna, tenuta “nascosta” dall’Asp di Siracusa. Infrangendo la legge voluta e difesa dalla stessa Chinnici. “Voi non conoscete mio marito – ha spiegato l’assessore – lui è uno così… è modesto. Riservato. Non ha voluto che si pubblicasse la consulenza per non apparire il grande professionista che è. Figuratevi – ha aggiunto – che persino quando ci scambiamo i regali a Natale, lui non firma il bigliettino di auguri…”. A stretto giro è arrivata la precisazione del diretto interessato: “Io ho sempre lavorato onestamente”, ha replicato, amaro, Averna.
Ma il ricorso selvaggio alle consulenze continua a far discutere. Le ultime due, in particolare. Una consulenza, infatti, richiesta dall’assessore Tranchida è di un tale di Messina che ha, tra i suoi titoli nel curriculum, quello di maestro d’orchestra. Per 5.120 euro in due mesi, dovrà occuparsi di coordinare il lavoro di altri consulenti della Regione: in particolare del consulente-trombettista, del consulente-organista e del consulente-dj. L’altra consulenza (da 3.400 euro al mese), invece, è stata chiesta dall’assessore all’economia Armao per effettuare un monitoraggio sull’eccessiva spesa della Regione per le consulenze.
Intanto all’Ars il ritmo dei lavori è stato più febbrile del solito. Ben due sedute d’Aula anche in questa settimana. Al centro delle discussioni, il Dpef. Approvato, ma non senza qualche dubbio. Sollevato, ad esempio, dal Pdl Nino Beninati: “Non le sembra – ha chiesto all’assessore Armao – che questo documento sia un semplice ‘copia e incolla’ di quelli degli anni precedenti?”. “Non capisco davvero – ha replicato stizzito Armao – cosa l’abbia spinta a dire una cosa del genere”. “Semplice – ha risposto Beninati – il Dpef è firmato: presidente Salvatore Cuffaro”.
E tanto si è lavorato anche nelle Commissioni. In quella “Ambiente e territorio”, in particolare, dove è stata approvata la legge sulla “salvaguardia delle coste”. Considerata dalle opposizioni una vera e propria sanatoria selvaggia. Un legge voluta dai deputati Mpa Musotto e Ruggirello. Ma non votata dal Pd. Approvata la legge, infatti, i quattro onorevoli democratici della commissione (Ammatuna, Faraone, Raia e Termine) sono rientrati chiedendo: “Siamo stati un attimo al bagno, è successo qualcosa?”. È successo qualcosa. Specialmente il giorno dopo. Quando Francesco Musotto ha prima difeso strenuamente una leggeDa “giusta, che squarcia il velo di ipocrisia”. Poi, ha tolto la firma dal ddl. “Mi sono accorto – ha spiegato – che ero l’unico del mio partito a non avere una casa abusiva da sanare”. Un problema, invece, assai sentito dall’altro firmatario, Paolo Ruggirello, con una casa “regolarmente abusiva” a Marausi. Ma Ruggirello ha uscito le unghia, replicando al presidente di Confindustria che l’aveva definito un “novello Cetto Laqualunque”. Secca la risposta di Ruggirello: “Comunquemente, ci somiglia di più lui”.