Uno strumento di appartenenza e valorizzazione del territorio per coniugare la crescita economica con l’individuazione di soggetti alleati nel proseguimento dei fini istituzionali del Parco e del suo Ente di gestione. Con questo intento nasce l’idea del nuovo marchio collettivo Parco dell’Etna.
“Il marchio collettivo che sarà operativo entro il 2022 – commenta il presidente del Parco Carlo Caputo – nasce con l’obiettivo di identificare, patrocinare e tutelare la collettività operante all’interno dell’Area del Parco. Grazie a un nuovo logo e a inediti programmi strategici e di sviluppo, Parco dell’Etna riunirà sotto un’unica voce le realtà del suo territorio: aziende, persone, prodotti e servizi accomunati dalla volontà di salvaguardare valori ambientali, tradizioni e processi sostenibili che contribuiranno alla crescita e all’eccellenza di un’area dal valore inestimabile”.
Una sfida quella di Caputo che sin dal suo insediamento ha dato una scossa per fare del vulcano attivo più alto d’Europa non solo un sito di richiamo turistico, ma puntando anche su un altro percorso che vede la realizzazione e il riconoscimento di un vero e proprio marchio collettivo Parco dell’Etna.
“In questa direzione – continua Caputo – sono state stipulate due convenzioni che hanno aperto ufficialmente la strada a questo nuovo progetto: la prima tra il Parco e l’Accademia delle Belle arti che ha curato l’ideazione grafica del marchio. Il Parco dell’Etna finanzierà borse di studio agli studenti meritevoli. La seconda tra l’ente Parco e l’Università di Catania che affida al dipartimento di Giurisprudenza lo studio e la realizzazione del disciplinare e della normativa che regolamenteranno il marchio collettivo di qualità ambientale Parco dell’Etna”.
Tra le sfide che competono il Parco dell’Etna c’è anche quella di creare un rapporto di fiducia e di reciproca collaborazione con chi vive e opera all’interno del Parco, spesso percepito come insieme di limitazioni e divieti, più che di opportunità. L’utilizzazione del Marchio Collettivo come segno distintivo servirà infatti a contraddistinguere i prodotti e i servizi delle imprese in ragione della loro specifica provenienza, ma anche in funzione del livello di sinergia con la peculiari caratteristiche del territorio in cui operano. In questo senso il marchio dovrebbe subito richiamare nella mente dei consumatori e degli utenti non solo la provenienza o la collocazione geografica, ma anche concetti legati alla qualità dell’ambiente naturale e alla sostenibilità.
“Per individuare – continua Caputo – le imprese che potranno beneficiare del marchio collettivo e che dunque potranno essere considerate alleate dell’Ente gestore – bisogna innanzitutto tenere presente le finalità dell’Ente Parco, ovvero la protezione, conservazione e difesa del paesaggio e dell’ambiente naturale, la riqualificazione dei valori naturali presenti nell’ambito del Parco e la ricostituzione di quelli degradati, il corretto assetto e uso dei territori costituenti il Parco, programmando e progettando gli interventi finalizzati e realizzando le relative opere direttamente o mediante delega ai Comuni interessati, indispensabile anche per il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni residenti, promuovendo lo sviluppo delle attività produttive e lavorative tradizionali, I’uso sociale e pubblico dei beni ambientali, favorendo le attività culturali e ricreative, nonché quelle turistiche e sportive compatibili con le esigenze prioritarie di tutela”.
“L’Ente Parco – continua Caputo – ha una competenza unica e specifica nei confronti del mantenimento e del miglioramento della qualità ambientale del territorio. Ha senso dunque che limiti la concessione del marchio a chi lo aiuta a rispettare i propri fini istitutivi, ovvero a chi persegue o si impegna a perseguire obiettivi di sostenibilità in comune con l’Ente gestore. Ciò vuol dire che concessionari del marchio potranno essere solo coloro che fanno qualcosa che va nella stessa direzione della politica del Parco, sulla base di criteri chiari e condivisi”.