“Prima delle proteste il prezzo del carburante si aggirava intorno a 1,75 euro a litro – spiega Calogero Vizzini, responsabile di Federconsumatori Palermo – durante la ‘settimana dei Forconi’ era arrivato a 1,80 e da quel momento il prezzo non è più sceso”. Questo il dato che emerge dall’analisi di Federconsumatori Palermo sul costo della benzina. “Il vero problema è che abbiamo un sistema di distribuzione vecchio e dominato da un rapporto inscindibile che lega i singoli distributori alle grandi compagnie, – aggiunge lo stesso Vizzini, che commenta – le ‘pompe bianche’, cioè quelle indipendenti, sono meno del 20% rispetto al totale”.
Un circolo vizioso, dunque, causato da “una speculazione senza precedenti, nella quale lucrano le grandi compagnie e lo Stato, ma non di certo i singoli gestori – sottolinea Vizzini -. Con l’assenza di controlli e seguendo l’iter attuale, entro luglio la benzina costerà anche più di due euro al litro”.
Che l’attuale rincaro non sia dunque da addebitare ai gestori è quello che anche Martino Landi, presidente della Faib, Federazione autonoma italiana benzinai, afferma: “Gli aumenti sono dettati dalla volontà delle compagnie petrolifere. Secondo le loro stime la quotazione del prodotto è aumentata e quindi scaricano questi aumenti sul prodotto finito. Non è volontà dei gestori di approfittare di un’emergenza. Noi lavoriamo con un margine fisso che è fermo da 5 anni e si aggira intorno ai 4 centesimi a litro: non è che più aumenta la benzina, più il gestore guadagna. Lui è penalizzato al pari, anzi di più degli altri consumatori, e purtroppo, neanche il movimento dei Forconi ha prodotto alcun beneficio, perchè i poteri forti, che pur sono stati coinvolti in questa protesta, non hanno ascoltato il grido di allarme che veniva dal basso. Questo, non è un problema solo siciliano ma di tutta la nazione”.
E continua: “Anche io sono un gestore e dall’inizio dell’anno ad oggi la mia compagnia ha aumentato nove volte il listino in salita. E il ricavo è sempre minore anche perchè aumentano i costi di gestione. Il nostro margine sul giro di affari si aggira al 2%, come non accade per nessuna categoria. Siamo quasi al collasso, al limite della sopravivvenza”. Adesso ciò a cui si guarda è la liberalizzazione in discussione al Parlamento, anche se secondo Calogero Vizzini sarà solo “acqua fresca”.
“Quello che noi vorremmo è avere più autonomia,- conclude invece Martino Landi – una rete più moderna e ampliare il volume di affari con le attività connesse all’auto e ai servizi, in modo da potere arrotondare gli utili, compreso la rivendita di tabacchi che il governo invece concede solo per superfici superiori a 1500 metri”. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente nazionale Luca Squeri della Federazione italiana Gestori Impianti Carburanti, che dice: “La protesta dei Forconi non è stata inutile, anzi ha lanciato un allarme. Sono proteste legittime ma hanno una loro soluzione nelle voci “tasse” e “costo del prodotto”. Il costo di distribuzione non incide minimamente. Sul prezzo finale, il il 60% sono tasse, il 31% è il costo del prodotto, e solo il rimanente 9% è il costo della distribuzione”.