AGRIGENTO – “Mi pento profondamente di essere stata componente, anche se minuscola ruota di un gigantesco ingranaggio, del sistema ‘mafia’ nel territorio della provincia di Agrigento”. Comincia così la lunga missiva letta questa mattina in aula da Angela Porcello, ex penalista agrigentina arrestata lo scorso anno dai carabinieri del Ros nella maxi operazione antimafia “Xidy”, oggi imputata insieme ad altre ventinove persone. Unico assente, la cui posizione è stata stralciata, è il superlatitante Matteo Messina Denaro.
Il pentimento
L’ormai ex avvocato, prima sospesa dall’ordine e poi radiata, ha deciso di prendere la parola per rimarcare la ferma volontà di collaborare con l’autorità giudiziaria e dissociarsi “da qualunque associazione di stampo mafioso o criminale e da tutti i suoi affiliati e membri siano essi imputati o partecipi, liberi oppure in vinculis, o non raggiunti ancora da provvedimenti giudiziari”. Angela Porcello, difesa oggi dall’avvocato Giuseppe Scozzari, da tempo ha iniziato un percorso di collaborazione che, tuttavia, non ha convinto i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che, ad oggi, non hanno concesso quel pass necessario per ottenere lo status di collaboratore di giustizia.
“Due anni di oscurata follia”
“Sono stati 2 anni di oscurata follia che mi hanno portato a porre in essere dei comportamenti riprovevoli causati da una cecità sentimentale che ha ucciso la mia anima e la mia vita – ha dichiarato l’ex penalista -. Mai in questi 2 terribili anni ho commesso, né ho istigato a commettere azioni criminali con armi, estorsioni, danneggiamenti ed altro. Ho solo follemente preso parte quale componente indotta dal rapporto con l’unico soggetto con il quale mi sono correlata per ragioni esclusivamente sentimentali. Il mio contatto associativo in questi maledetti 2 anni è stato realmente posto in essere con il solo soggetto che voi conoscete, quanto agli altri mi sono limitata a difenderli e niente di più”.
“Ho rovinato mia figlia”
Poi si rivolge ai pubblici ministeri: “Quello che sapevo ve l’ho detto e se me darete l’occasione continuerò a dirvelo, nei limiti delle mie conoscenze, ma sappiate che il mio rapporto con quel mondo era limitato ad una sola persona, che, come avete avuto modo di leggere e vedere, oltre a strumentalizzarmi, mettermi in ridicolo ed usarmi mi raccontava l’ovvio ed a volte il noto. Non ho nel mio animo nessuna volontà e coscienza di nascondere fatti per tutelare soggetti che mi hanno ucciso e che hanno ucciso il futuro di mia figlia. Se voi pensate che io possa fare questo, sappiate che sarei ancora più spregevole di chi rimane fedele alla mafia perché avrei per la seconda volta ucciso il futuro e la vita di mia figlia, che questa volta non avrebbe alcuna ragione e motivo di perdonarmi”.
Il rapporto con Buggea
L’ex avvocato ha poi ripercorso il rapporto avuto con Giancarlo Buggea, suo ex compagno ed oggi coimputato, considerato uno degli esponenti di maggior spessore della criminalità organizzata agrigentina: “E tra i rapporti che rinnego e mi vergogno primo fra tutti, quello, invero, già interrotto prima del provvedimento di fermo emesso, con l’uomo, oggi coimputato, che, come lui sa bene e credo ricordi, ho amato infinitamente, fidandomi ciecamente. Nei confronti di questi oggi non provo né odio né rancore né come donna né come imputata perché questi disvalori non albergano e trovano posto nel mio cuore, nei suoi confronti provo solo pena. Pena per un misero uomo che mi ha usata, strumentalizzata, messa in ridicolo (le intercettazioni parlano chiaro), senza avere la pur minima dignità di uomo, se di uomo può parlarsi, di preoccuparsi e tutelare il mio ruolo di professionista e soprattutto di madre. Ero accecata da una persona rivelatasi spregevole, ma chi nella vita almeno una volta non si innamora della persona sbagliata, io nel fare questo l’ho fatto in maniera sin troppo esagerata”.
“La mafia fa schifo”
Porcello ha infine lanciato un messaggio: “A tutti quelli che pensano di avvicinarsi alla mafia io dico sappiate che la mafia fa schifo, che la mafia uccide la vostra dignità, riduce un essere a non essere se stesso, umilia le coscienze, devasta la persona e quelli che le stanno accanto. Ecco questo mio piccolo gesto vuole essere un gesto riparatore verso Lo Stato, vuole essere un contributo che riscatti la mia coscienza, vuole essere un modo per chiedere scusa a quanti hanno perso la vita per combattere la mafia, per chiedere scusa allo Stato ed al mio Ordine professionale”.
Il processo
Sono venti le persone a processo col rito abbreviato davanti il gup del tribunale di Palermo, Paolo Magro: Giancarlo Buggea, canicattinese, figura apicale dell’inchiesta ed ex compagno dell’avvocato Porcello; Angela Porcello, 51 anni di Naro; Luigi Boncori, 69 anni, di Ravanusa; Luigi Carmina, 55 anni, di Caltanissetta; Simone Castello, 71 di Villafrati; Emanuele Cigna, 21 anni, di Canicattì; Giuseppe D’Andrea, 50 anni, assistente capo di polizia, di Agrigento; Calogero Di Caro, 74 anni, boss di Canicattì; Vincenzo Di Caro, 40 anni di Canicattì; Gianfranco Gaetani, 53 anni, di Naro; Giuseppe Grassadonio, 50 anni di Agrigento; Annalisa Lentini 41 anni di Agrigento; Gaetano Lombardo, 64 anni e Gregorio Lombardo, 66 anni, entrambi di Favara; Antonino Oliveri, 36 anni, di Canicattì; Calogero Paceco, 56 anni, di Naro; Giuseppe Pirrera, 62 anni, di Favara; Giuseppe Sicilia, 42 anni, di Favara. Per loro il processo proseguirà il prossimo 1 aprile con l’inizio della requisitoria del pm Claudio Camilleri.
Altre nove imputati compariranno il 23 marzo per la prima udienza del processo davanti i giudici della seconda sezione penale del tribunale di Agrigento presieduta da Wilma Angela Mazzara: Giuseppe Falsone, boss ergastolano di Campobello di Licata e capo provinciale di Cosa Nostra; Antonino Chiazza, 51 anni, di Canicattì; Pietro Fazio, 48 anni, di Canicattì; Santo Gioacchino Rinallo, 61 anni di Canicattì; Antonio Gallea, 64 anni di Canicattì; Filippo Pitruzzella, 60 anni, ispettore della polizia in pensione; Stefano Saccomando, 44 anni di Palma di Montechiaro; Calogero Lo Giudice, 47 anni di Canicattì; Calogero Valenti, 57 anni, residente a Canicattì. CONTINUA A LEGGERE SU LIVESICILIA