PALERMO – Il pizzo sulla compravendita dei terreni e il controllo della distribuzione dell’acqua per innaffiare. È una mafia feudale quella fotografata a Ciaculli nell’ultimo blitz del Nucleo investigativo dei carabinieri e della squadra mobile.
Emanuele Prestifilippo si muoveva come un signorotto, nel dedalo di strade e stradine, in mezzo alle campagne dove si coltivano gli agrumi.
Tutta la zona di Ciaculli è percorsa da una fitta rete di via interne e strade interpoderali, chiuse da cancelli e lucchetti: ai tempi del maxi processo ne parlarono così il pentito Salvatore Contorno e Antonio La Rosa che ne custodiva le chiavi. Gli servivano per blindare la latitanza di Salvatore e Michele Greco.
Fa una certa impressione leggere i passaggi delle indagini del blitz della notte. Il tempo a Ciaculli si è fermato. Fino al loro recente arresto il bastone del comando lo detenevano i nipoti dei Greco, prima Leandro e poi Giuseppe, di uno spessore criminale per fortuna lontanamente paragonabile ai congiunti che li hanno preceduti. Ma il cognome è quello di sempre, così come la gestione dei terreni.
“Dobbiamo fare tutte le chiavi … di tutti sti portoni a scendere…”, diceva Giuseppe Greco a Prestifilippo. Presfilippo che dal giovane Leandro Greco aveva ricevuto il mandato di gestire le compravendite. Al boss spettava il 3 per cento a titolo di mediazione. Una “sensaleria” imposta con l’intimidazione: “… è un mestiere il sensale… non lo so fare.. non è casa sua…”, diceva Prestifilippo imprecando contro qualcuno che aveva incassato meno del previsto.
Vigeva una rigida distinzione delle zone di competenza. Emanuele Prestifilippo e Francesco Greco erano stati autorizzati a muoversi nella contrada Croceverde Giardini, mentre Ciaculli era sotto il controllo dello “zio Nino” e cioè di Antonino La Rosa, zio acquisito del killer Pino Greco Scarpuzzadda, altro nome che rimanda alla mafia passato, quella che faceva volare gli asini.
“Perciò sino al cannolicchio siete voialtri… sino alla strada di sotto sino alla zona industriale… oltre dice no perché se no quelli…”, raccontava Prestifilippo facendo riferimento ad una riunione nel corso della quale erano stati fissati i confini. In ballo c’era la vendita di “sette tomoli” di terreno a cui era interessato lo “zio Nino”. Anche l’unità di misura, il tomolo, rimanda a un tempo che fu.
Pizzo e non solo. A Ciaculli la mafia regola la distribuzione dell’acqua. Il primo a parlarne è stato il boss pentito di Belmonte Mezzagno, Filippo Bisconti. Ha tirato in ballo Vincenzo Prestifilippo che “si occupava della spartizione delle acque per abbeverare i giardini in nome e per conto della famiglia mafiosa di Croceverde Giardini”. Anziano e malato Prestifilippo avrebbe avrebbe passato il testimone al figlio Emanuele.
L’acqua sarebbe stata rubata al consorzio San Leonardo e convogliata in due grandi vasche in località Santa Zita e infine rivenduta agli agricoltori che pagano una cifra compresa fra 13 euro e 50 centesimi e 15 euro per un’ora di erogazione.
“Io me ne sono andato perché a momenti devo andare a levare l’acqua”, diceva Prestfilippo. Un giorno si accorse che “a quanto pare sono quelli della San Leonardo che la vengono a chiudere… c’è chi li chiama”. Qualcuno aveva avvertito i responsabili del Consorzio.