Avrei voluto scrivere di tutto, stavolta.
Del ragazzo di Acireale che ha denunciato per stupro un sacerdote e dei sacerdoti che ho conosciuto, santi e peccatori: della volta che un insegnante chiese a noi alunni di pregare: era forse il 31 maggio del ’78, e anni dopo pensai che non per Aldo Moro e la sua scorta noi avevamo implorato il Paradiso, bensì per Giuseppe Di Cristina, mafioso di Riesi e – secondo il mio insegnante – “brava persona”.
O della tesi di laurea su Angelo Russo, il primo interprete del Catarella di Montalbano, mezzo secolo dopo la “Fenomenologia di Mike Bongiorno” azzardata da Umberto Eco: del reciproco intrecciarsi del genio di Russo e di Camilleri.
Avrei voluto scrivere dei rifiuti che soffocano Palermo e della Palermo dei politicanti.
Scrivo invece di un giovane professore tedesco, di un nonviolento sardo e della scoperta del naturismo, trent’anni fa, a Comiso.
Un anno fa, era l’11 febbraio, Jochen Lorentzen stava facendo jogging, quando si è accasciato per terra ed è morto. Era a Pisa, per una conferenza. Nell’estate dell’83, Jochen era a Comiso, per l’International Meeting against Cruises. Migliaia di ragazzi in un campo pacifista: da tutta Europa e dagli Stati Uniti, contro i missili nucleari, i Cruises, schierati in un vecchio aeroporto, contro l’Urss o, secondo alcuni, contro quel matto di Gheddafi. Jochen era il mito di noi ragazzini: in prima fila, nei cortei, a proteggere i più giovani, a isolare i pochi violenti, a mediare con la polizia. Non ho più saputo nulla di lui. Fino alla notizia della morte. Docente a Copenhagen, a Cape Town, Jochen studiava le innovazioni e i modelli di apprendimento nei paesi emergenti: fedele a se stesso, come riesce a pochi.
Ad Enrico Euli, per esempio: psicologo, studioso delle relazioni interculturali, dell’ecologia e della non violenza. Al mattino presto, ci svegliava una voce non so più se inglese o tedesca: “Sono le quattro e mezza, è ora di svegliarsi”. Così, di continuo, ossessivamente. Era ancora buio. Sotto una tettoia, accosciato come un bonzo, Enrico svolgeva le sue quotidiane lezioni di resistenza non violenta. Ci sarebbero servite, diceva, in caso di cariche della polizia, dinanzi ai cancelli dell’aeroporto.
Quando le cariche arrivarono, Oscar Luigi Scalfaro era stato appena nominato Ministro dell’Interno del governo Craxi: noi provammo per un poco a resistere ai manganelli e al resto, poi ci alzammo e ce la demmo a gambe. Io persi le scarpe. Altri gli occhiali, o le ossa. Furono picchiati anche dei parlamentari.
Comiso era il centro della Sicilia, e in quel cuore antico, c’erano anche Modica, Ragusa e Vittoria, con le loro storie di terre e di contadini mai vessati da feudi e feudatari, con le serre e le cooperative: c’era un’isola nell’Isola: ricca e senza mafia. E proprio lì, sarebbero arrivati i missili, la morte cieca di Hiroshima e Nagasaki. Forse per questo era morto Pio La Torre.
A Comiso, nel nostro campo, in molti facevano la doccia nudi. Ragazzi e ragazze. Un giorno, vennero due dirigenti della mia organizzazione giovanile. Mai stati all’Imac, prima. Presero due sedie e sedettero dinanzi alle docce. Come in un locale porno. Provai un brivido di vergogna, per la prima volta. E capii che il naturismo era non provarne.
Trent’anni sono tanti. Ma quando ho letto di altre proteste, e di violenze tra i No Tav, ho pensato ad un comizio in piazza Fonte Diana, a Comiso, dopo l’ennesima carica. Un oratore, piuttosto famoso, diceva: “La prossima volta, gli idranti innaffieranno le piante della pace”. Lo interruppe qualcuno, tra i presenti, ancora bagnato. Un insulto secco. Quattro lettere. Grandi risate.
Accadde un miracolo, trent’anni fa in Sicilia. Vennero in tanti e parlarono tra di loro. Fecero la pace.