“Che bieddu, sì che bello. Quello che è successo ci segnerà a vita. Quegli occhietti, quella manina… Io ho già due figli stupendi, altrimenti…”. Altrimenti Veronica Catalano, anima valorosa, con il suo collega Piero Cialona (nella foto), del 118 che fa capo alla centrale operativa di Palermo e Trapani, magari, cercherebbe di adottarlo Francesco. Lo hanno chiamato così, col nome del santo del giorno, il neonato abbandonato in una via sterrata di Paceco, a poche ore dal parto. Sono stati Veronica e Piero a volare lungo la strada, una volta giunta la segnalazione. Sempre volano queste ragazze e questi ragazzi delle nostre ambulanze, spesso incompresi nel loro sacrificio dalla gente e dalla politica. Volano, con il cuore in gola, per fare presto. Lo hanno imparato, lo sanno: ogni secondo vale un’esistenza.
Nella chiacchierata a distanza, c’è il vivavoce attivato. E’ Veronica che parla, con l’eco di Piero. Che, da gentiluomo, non si sovrappone. Ma si capisce lo stesso che è emozionatissimo. “Siamo stati allertati per un codice rosso – ecco il racconto – e si diceva che c’era un neonato. Sul posto l’abbiamo sentito piangere, il particolare ci ha rincuorati. Abbiamo trovato la persona che aveva rintracciato il bimbo e che lo stava accudendo. L’ho preso in braccio. Abbiamo seguito il protocollo, riunendoci con una ambulanza medicalizzata. Le condizioni del piccolo, fortunatamente, erano buone”.
Se lavori al 118, con la fretta della provvidenza umana, sei un concentrato di adrenalina e impegno. Poi, affiorano le emozioni. “Come posso spiegarlo? Sembra quasi una ricompensa – dice Veronica – una rivincita rispetto a quando, purtroppo, nonostante gli sforzi, non c’è niente da fare. In vent’anni non mi era mai accaduto. E’ stato un miracolo”.
Il miracolo per Francesco a cui è stato aggiunto Alberto, come secondo nome, lo stesso del carabiniere che è intervenuto.”Non voglio giudicare nessuno perché non so quale storia ci sia dietro, ma certo di questi tempi ci sono mille modi per vivere una maternità non voluta, modi che non mettano a rischio la vita del bambino che è vivo per miracolo”. E’ confessata all’Ansa l’emozione di Alberto Marino, vicebrigadiere dell’Arma che ha partecipato alle operazioni di soccorso. Poi, quasi un sussurro: “E’ bellissimo ed è forte, spero da grande faccia il carabiniere”.
Perché questa di Paceco non è soltanto la storia di un abbandono. C’è il calco della speranza che è fiorita all’apice della solitudine. Ne è consapevole – e non potrebbe essere altrimenti – la dottoressa Simona La Placa, primaria della Neonatologia dell’ospedale di Trapani, dove il piccolo è ricoverato. Altre anime valorose in una zona di confine, lì dove la nascita e il commiato possono, tragicamente, intrecciarsi. “Il bambino è in buone condizioni – conferma la dottoressa – aveva una disidratazione fisiologica per le circostanze. Pesa tre chili, è bellissimo e qui da noi c’è molto entusiasmo, con tanta felicità. Se non fosse stato soccorso prontamente, non so come sarebbe andata a finire”.
“Siamo anche tristi – spiega la dottoressa – perché evidentemente un disagio e una sofferenza non sono stati intercettati. E su questo si deve riflettere, come sulla carenza di informazioni. Oggi si può partorire in sicurezza, in forma del tutto anonima, con il massimo della privacy. Francesco è stato fortunato, è stato davvero un miracolo”. E torna la parola centrale, nei racconti delle donne e degli uomini che sono intervenuti, con slancio, per salvare e proteggere. Un miracolo, nel giorno che il calendario dedica a San Francesco. Il prodigio quotidiano delle persone di buona volontà. (Roberto Puglisi)