CATANIA. “Qui dorme Angelina Mioccio di anni diciannove. Anima Innocentissima. Chiuse i suoi begli occhi all’alba …” Cimitero di Catania. La lapide in legno non si legge ormai quasi più. Il corpo di Angelina è steso lì, immobile. La sguardo è di vetro, come quello di un fantasma. La pelle bianca come il gesso e a vestirla è un abito da sposa. Attorno, invece, tutto crolla. Nel vero senso della parola. Il rischio è che tra breve potrebbe non restare più nulla di lei e della dimora che la custodisce da più di un secolo. Potrebbero rimanere soltanto le macerie.
Angelina sfida la morte
E a quel punto la città di Catania perderebbe non soltanto una prestigiosa cappella gentilizia, ma quella ragazza sapientemente imbalsamata che ha resistito all’incedere del tempo. Un reperto scientifico che vale quanto una sfida alla morte.
Le condizioni della cappella sono precarie da tempo. Negli anni è stato registrato più di un crollo del tetto, ormai il collasso della struttura sembra un destino inevitabile. Anche per i recenti smottamenti. Ultimamente, la copertura metallica posta per non fare entrare estranei e non fare vedere il contenuto della stanza funeraria è stata divelta. In passato, la tomba è stata profanata più volte. Da vandali, ma anche da ragazzini che entravano per scrutare quel volto spettrale che ha ancora tanto da comunicare. Ma anche da un signora che si era preso cura della salma.
Angelina, una salma da salvare
Da anni c’è chi chiede l’intervento delle autorità cittadine affinché sia messa in sicurezza l’intera area. Ma anche affinché sia messa in sicurezza una vicenda umana, quella di Angelina Mioccio, che ancora oggi fa gelare il sangue. Una tragedia. Probabilmente morta suicida, la ragazza non ha potuto vivere il suo amore secondo i dettami del cuore. Era il 1911 e un volo dalle torri del castello di Leucatia (oggi di proprietà comunale e sede dell’unica sinagoga presente in Sicilia) mise fine alle sue sofferenza.
La vicenda è stata raccontata con grande passione dalla giornalista catanese Rossella Jannello, coadiuvata da Santo Privitera e dalla fotografa Orietta Scardino. “La bella Angelina” (Ed. Cartago) è il titolo del volume pubblicato nel 2017, quando le condizioni della cappella erano già disperate. Fu il padre a volere che quel corpo venisse conservato e rimanesse a disposizione dei suoi sguardi disperati. Quando poteva, infatti, andava lì, apriva lo sportello della teca e, dietro un vetro, trovava lei. Bella e terribile. Oggi quel vetro è ancora ben visibile, ma in frantumi. Né di quella lastra, né di tutto il resto. A breve, potrebbe non rimanere più nulla. Solo polvere. Chi può, intervenga presto.