Siamo nel 2018, in primavera. Un locale da qualche parte, nei dintorni di Palermo. Si festeggia il compleanno di Rosi Pennino, attuale assessore alle Attività sociali del Comune. Fra gli invitati c’è Gianfranco Miccichè, estimatore politico e amico della Pennino. A un certo punto, qualcuno suona alla pianola ‘Bella ciao’ in stile pop, inno resistenziale per antonomasia. Miccichè si alza e canta le strofe con Davide Faraone, allora nel Pd. Era una semplice festicciola, ma il video prontamente girato da uno dei presenti finì sui giornali online, sui social, e fu anche commentato come suggestione politica. Il plenipotenziario forzista e il feudatario renziano affratellati dall’omaggio alla Resistenza. Ora, è impossibile che un uomo scafato come Miccichè non immaginasse la pubblicità. Lo sapeva. Sapeva che lo spezzone sarebbe circolato in rete e che sarebbe stato commentato. Semplicemente e micchieianamente se ne fregò, godendo, verosimilmente, della fama di monade eccentrica che gli sarebbe (ri)cascata addosso.
La droga e l’auto blu
Anche questo è un dettaglio che racconta la vita politicamente spericolata di Gianfranco che ha sempre inteso dare di sé un’immagine pittoresca, lontana dal canone classico del potere siciliano. In questo, forse, simile a Rosario Crocetta. Un potente non ‘miscatu’ con i riti del baciamano e la penombra delle segreterie, non da immortalare nell’intramarsi di strategie e tattiche (cosa che però il nostro fa e ha fatto). Un reuccio bohémien che si gode la vita e offre il ritratto di una scapigliatura al comando. Sennonché, le cronache recenti possono apporre una pietra su ambizioni e orizzonti, casomai ve ne fossero ancora. E proprio nel momento di un tentativo di salvataggio. Si erano levate voci in Forza Italia che auspicavano il ripescaggio del ‘reprobo’, schiantato dallo scontro con il monolite Schifani. E adesso lo scenario presunto di un ex presidente dell’Ars che acquista droga, magari con l’auto munita di lampeggiante. Circostanza che il protagonista smentisce. Ma è tutto il complesso di cose che depone per l’ipotesi della mazzata finale. C’è un’opinione pubblica che osserva e giudica.
Voglio una vita…
Una spericolatezza politica, con un innegabile riflesso esistenziale, che, negli ultimi tempi, non è stata sorretta dalla fortuna e dalle scelte. Miccichè che battagliò per mettere alla porta il presidente della Regione Nello Musumeci, eletto ad arcinemico, si trovò davanti il presidente della Regione Renato Schifani. Tentò di ripetere lo stratagemma e mal gliene incolse. Fu così sportivo da riconoscerlo in una chiacchierata con LiveSicilia.it: “Sono quello che ha perso, però sono orgoglioso della mia sconfitta che vale più di una vittoria”. E appresso: “Schifani è meglio di Musumeci, senz’altro”.
Amici e nemici
Micci non conosce mezze misure. Qualche amico, sicuramente, gli è rimasto, nel suo ambiente. Di più sono quelli che hanno conti in sospeso. Disse di lui Francesco Cascio, sedotto e abbandonato sulla via della sindacatura di Palermo: “Secondo lei si è comportato da amico? Ho preso atto, come si dice. Comunque, sono uno che sa perdonare”. Ed ecco lo snodo grave di cronaca che potrebbe comporre un epitaffio su quella vita politicamente spericolata. La droga è una cosa tragica e seria, perfino in quel pianeta distante che è la politica, dove il conteggio delle occasioni rappresenta il sangue che smuove tutto. Ecco perché l’irruzione della cronaca nera potrebbe essere già valutata nel computo degli sviluppi futuri, come una nemesi. Bello, ciao. (Roberto Puglisi)