PALERMO – Il Memoriale di Portella della Ginestra ha ottenuto il riconoscimento di “sito di interesse culturale”. La decisione arriva a conclusione dell’iter qualche mese fa ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio. “Il nostro appello – dice il presidente della Regione, Renato Schifani – è stato accolto e non possiamo che esserne soddisfatti”.
Un “luogo simbolo”
“Parliamo di un luogo che è simbolo della lotta alla mafia e contro quelle forze reazionarie che hanno tentato di soffocare lo sviluppo della Sicilia e il benessere del suo popolo – prosegue il presidente -. Il Memoriale testimonia l’impegno civile dei siciliani che non si sono mai arresi all’ingiustizia, anche pagando il prezzo più alto”.
Le parole di Scarpinato
“Attraverso questo provvedimento abbiamo voluto dare il giusto riconoscimento alla comunità. Una comunità che ha pagato la sua libertà con il sacrificio della vita”. Lo ha dichiarato l’assessore ai Beni culturali e all’identità siciliana, Francesco Scarpinato, che ha avviato l’iter.
Il Memoriale ricade nel territorio di Piana degli Albanesi, nel Palermitano. E testimonia l’evento drammatico che ha segnato una pagina della storia nazionale. I sassi di Portella portano le tracce, ancora vive, di quel crimine consumato il primo maggio del ’47 dalle forze reazionarie e mafiose. Forze che armarono la mano del bandito Giuliano per fermare il movimento contadino che lottava per la riforma agraria e la libertà politica e sociale delle masse diseredate.
Il registro delle eredità immateriali
Il sito è divenuto nel secondo dopoguerra simbolo della prima strage in Sicilia. Era già stato inserito nel 2010 nel Registro delle eredità immateriali di Sicilia (Reis) dell’assessorato ai Beni culturali. L’opera è stata ideata e realizzata tra il 1979 e il 1980 da Ettore de Conciliis (Avellino, 1941), con la collaborazione del pittore Rocco Falciano (Potenza, 1933) e dell’architetto Giorgio Stockel (Milano, 1938).
La Sovrintendenza: nessuna retorica
Per la Soprintendenza dei Beni culturali e ambientali di Palermo, che ha curato l’iter, quest’opera è “un esempio di come si possa rappresentare un evento senza scadere nella retorica celebrativa“.