PALERMO – Dalle parole di odio fino al gesto di coprirsi il volto per evitare di essere fotografata. Uno scatto, all’uscita dal cimitero di Castelvetrano, che traccia l’evoluzione di un rapporto perduto e infine ritrovato fra padre e figlia. Rinsaldato al punto da scegliere di chiamarsi Lorenza Messina Denaro.
Il punto di svolta è stato il colloquio dello scorso aprire. Matteo Messina Denaro era stato arrestato due mesi prima, la figlia – nata durante la latitanza – è andata a trovarlo in carcere a L’Aquila. Era la prima volta che si parlavano anche se su questo non può esserci certezza.
Il padre la chiamava “sciacqualattuga” nelle lettere smistate ai parenti. La paragonava ad un’altra ragazza, Martina Gentile, la figlia della maestra Laura Bonafede. E non era un paragone lusinghiero per Lorenza: “Io ho cresciuto una figlia che non è mia figlia biologica, ma per me è mia figlia, e mi ha dato l’amore di una figlia, mi ha voluto bene e mi vuole bene, ha molto di me perché l’ho insegnata io, se vedessi il suo comportamento ti sembrerei io al femminile. Che voglio dire? Che non sono stato solo e che sciacqualattuga non significa più niente per me”, scriveva il boss alla sorella Giovanna.
“Ebbene nessuno ha fatto la fine di Lorenza, sono tutte sistemate, che voglio dire? È l’ambiente in cui cresci che ti forma, e lei è cresciuta molto male – scriveva in un altro passaggio –. La mancanza del padre non è di per sé motivo di degenerazione educativa, è solo Lorenza che è degenerata nell’intimo, le altre di cui so sono tutte cresciute onestamente”.
“Perché non vuole vedermi, perché è arrabbiata con me”, si chiedeva il capomafia di Castelvetrano che nel giorno del diciassettesimo compleanno della ragazza, il 17 dicembre 2013, in un quaderno con l’immagine di un quadro di Van Gogh in copertina annotava: “Ogni mondo ha i suoi demoni diversi da quelli degli altri. Stai lontana dai mondi che non conosci. Io sono entrato in altri mondi al prezzo della sofferenza, ma tu non osare mai, ti prego. È il solo augurio che oggi posso farti”.
Pochi giorni dopo l’arresto del padre qualcosa iniziò a cambiare. La figlia affidò ad un avvocato l’onere di. smentire la voce che avesse rinnegato il padre. In un articolo pubblicato da Repubblica si racconta che nelle prime settimane in cui era detenuto il boss si chiedeva perché mai la figlia Lorenza avesse chiesto di incontrarlo: “Da 26 anni sono in attesa di vederla, di parlarle, e lei viene adesso che sono in carcere e sono quasi morto? Ora non ha più senso. Non mi interessa avere alcun rapporto con lei… mai e poi mai la vorrò ricevere”. Nei suoi sfoghi in carcere aggiungeva: “Ripeto, se lei vuole un riconoscimento paterno glielo concedo, perché lei è mia figlia biologica. Ma da lei non voglio nulla. Ho avuto già tutto. Il mostro però sono io”.
È lecito sospettare che Messina Denaro, diabolico e calcolatore com’era, stesse recitando sapendo di essere intercettato. Difficilmente si spiegherebbero i pensieri ad alta voce del boss. C’è una certezza: ad agosto prima che Messina Denaro si aggravasse Lorenza ha lasciato il cognome della madre, Alagna, ed è diventata una Messina Denaro. Accolta in casa, da quelle zie che l’avevano avversata. Ora, all’età di 27 anni, fa parte della famiglia. Quel volto coperto mentre esce in auto dal cimitero ne è la conferma.
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