PALERMO – La richiesta di pena è pesante. Secondo la procura di Palermo, l’operaio Andrea Benafede merita la condanna a 13 anni di carcere.
Non sarebbe stato un semplice favoreggiatore di Matteo Messina Denaro, ma una pedina fondamentale dello scacchiere organizzato dal capomafia per gestire la latitanza. “Adenocarc. Il 3 novembre lo so”, c’era scritto nel pizzino trovato in una gamba della sedia a casa della sorella Rosalia. Erano gli appunti del diario clinico di Messina Denaro. Da qui sono partite le indagini che hanno portato all’arresto del latitante. Ed è proprio studiando i passaggi sanitari del padrino che il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Gianluca De Leo e Piero Padova hanno deciso di contestare a Bonafede non più il reato di favoreggiamento ma quello di associazione mafiosa al manutentore del comune di Campobello di Mazara.
In lui il boss di Castelvetrano riponeva massima fiducia tanto da chiedergli aiuto in un momento di grandissima difficoltà. Il 3 novembre 2020 Messina Denaro ha saputo di essere malato di tumore. All’indomani Bonafede ha attivato una sim card e l’ha inserita in un vecchio cellulare in passato usato dalla suocera e dalla madre. Da allora il suo percorso sanitario ha avuto un’accelerazione. Sui tempi continuano a indagare i magistrati.
I carabinieri del Ros, coordinati dal procuratore Maurizio de Lucia, hanno mappato il telefonino che il 5 novembre ha agganciato la cella in cui ricade l’ospedale di Mazara del Vallo. Stessa cosa è avvenuta con la scheda del telefono in uso a Bonafede. Il 6 novembre i due cellulari sono risultati ancora una volta posizionati uno accanto all’altro. È il giorno in cui Andrea Bonafede, cugino omonimo dell’operaio, colui che ha prestato l’identità al latitante, ha fatto accesso in ospedale per una visita. In realtà si trattava di Messina Denaro.
Dal 9 novembre i contatti si interrompevano. La nuova linea è rimasta per giorni muta. Il 13 novembre Messina Denaro è stato operato la prima volta all’ospedale Abele Ajello, due mesi prima del secondo intervento alla clinica La Maddalena di Palermo. Il 14 novembre è stata attivata una nuova utenza, sempre intestata a Bonafede l’operaio. Il 18 novembre la nuova sim e quella intestata a Bonafede hanno agganciato una cella di Campobello di Mazara. Messina Denaro era tornato a casa. All’inizio all’imputato era stato contestato il fatto di avere prelevato le ricette mediche per il latitante dal medico Alfonso Tumbarello. “Un favore a mia insaputa”, ha detto nel corso dell’interrogatorio di garanzia. La pensano diversamente i pubblici ministeri.
Il 26 ottobre la parola passerà all’avvocato della difesa Tommaso De Lisi che dovrà anche dire la sua sulla richiesta delle parti civili di costituirsi anche dopo che il capo di imputazione è stato riformulato in associazione mafiosa.