PALERMO – Appena tre pagine ma sufficienti per bocciare gli aumenti dei gettoni di presenza nelle circoscrizioni di Messina e, con ogni probabilità, anche di Palermo. E’ un caso il parere rilasciato dall’assessorato regionale alle Funzioni locali in merito al quesito posto dal comune peloritano sulla possibilità di ritoccare all’insù non solo le indennità di sindaco, vicesindaco, assessori e consiglieri comunali ma anche di presidenti e componenti dei parlamentini di quartiere.
Ginepraio di norme
Una questione non di poco conto visto che gli aumenti sono a carico dei singoli enti, resi possibili da diverse norme statali e regionali: un ginepraio di articoli e commi che ha dato luogo a diverse interpretazioni e su cui, adesso, arriva un responso di peso. Gli aumenti, bisogna dirlo, sono frutto di una legge voluta a Roma (e valida quindi per tutti i comuni italiani) che consente di aumentare, in modo progressivo in base alla grandezza delle città, l’indennità di funzione dei sindaci. Il primo cittadino di un grande centro, per intenderci, adesso percepisce lo stesso compenso del presidente della Regione.
Una falla nella legge
Un raddoppio dello stipendio che, a cascata, comporta ritocchi anche per vicesindaci, assessori e presidenti di consiglio comunale. La norma è stata recepita pure in Sicilia dove c’è stato bisogno addirittura di un secondo passaggio parlamentare per estendere l’aumento anche ai consiglieri comunali che, al posto di una cifra fissa, ricevono un gettone di presenza. E fin qui tutto chiaro. Il problema è sorto, invece, per le circoscrizioni: a Palermo il ritocco è stato già esteso anche a presidenti e consiglieri di quartiere, mentre a Messina il segretario generale ha dato parere contrario. A mancare sarebbe un preciso automatismo: in pratica, il fatto che nella legge sia specificato che l’aumento del sindaco vale anche per il vice e gli assessori, esclude che possa avere effetti anche per le circoscrizioni che invece non sono citate. “L’automatismo dell’aumento per i presidenti delle circoscrizioni dunque non potrebbe verificarsi giacché manca la norma primaria che lo consente”. E la Sicilia, che in materia ha potestà esclusiva, non ha previsto alcuna estensione “ma si è limitata a sancire l’applicazione delle disposizioni finanziarie senza alcuna ulteriore precisione”. Stesso discorso vale per i consiglieri.
Gli effetti su Palermo
Una svista, non si sa quanto voluta, che però pesa come un macigno visto che il servizio 1 del dipartimento ha condiviso l’interpretazione del segretario generale di Messina stabilendo che gli aumenti non valgono per i vecchi consigli di quartiere. E adesso che succede? La domanda è più che lecita, dal momento che a Palermo invece il Comune ha già optato per l’aumento anche nelle circoscrizioni: il parere regionale non è vincolante per Palazzo delle Aquile ma sarebbe difficile ignorarlo. Questione che adesso sarà posta agli uffici di piazza Pretoria, a cui toccherà trovare una possibile via d’uscita.