PALERMO – Alla fine gli imputati hanno scelto di essere processati con il rito ordinario. Una scelta che dà la possibilità alla difesa di far entrare nel processo quelle che ritiene siano prove dell’innocenza dei sei ragazzi accusati della violenza di gruppo dell’estate scorsa al Foro Italico.
All’inizio dell’udienza, celebrata nell’aula della Corte d’Assise del Palazzo di giustizia di Palermo, i legali avevano chiesto il rito abbreviato condizionato a tre circostanze: l’acquisizione di una consulenza sui tabulati telefonici della vittima, la convocazione di un amico e una nuova audizione della diciannovenne.
Il giudice Cristina Lo Bue ha accolto la sola condizione relativa alla perizia e respinto le altre due. A quel punto la difesa ha optato per il rito ordinario che inizierà il prossimo 15 maggio. Ciò significa che gli imputati hanno rinunciato allo sconto di un terzo della pena previsto per chi sceglie il rito alternartivo.
La telefonata e i messaggi
Cosa emerge dalla perizia? La notte dello stupro, quando il gruppo dei ragazzi era giunto nel cantiere abbandonato al Foro Italico, la vittima ha ricevuto una telefonata all’1:04, tre minuti dopo avere oltrepassato la barriera di lamiere. La chiamata è durata 29 secondi.
Con la testimonianza dell’interlocutore la difesa avrebbe voluto conoscere il contenuto della conversazione. La diciannovenne ha chiesto aiuto e non lo ha fatto, era tranquilla o scossa?
La chiamata, però, potrebbe essere avvenuta prima che si consumasse la violenza anche se nel corso dell’incidente probatorio la vittima aveva detto non avere usato il cellulare nell’immediatezza dei fatti. La difesa punterebbe a dimostrare che la vittima sia andata volontariamente nel cantiere abbandonato e non costretta a seguire il branco incontrato alla Vucciria.
Intorno alle 2 la vittima ha inviato un messaggio all’amico. Anzi due: nel primo scriveva non “posso più” con alcuni errori, seguito dal secondo scritto correttamente. Si riferiva ad un appuntamento? Era lucida a tal punto da correggere gli errori?
Sono domande alle quali, secondo le difese, solo l’interlocutore e la vittima possono rispondere. Ecco perché ritenevano necessaria la nuova testimonianza della ragazza. Nel corso del rito ordinario entrambi saranno inseriti nella lista dei testimoni della difesa.
Le parti civili
Il giudice ha escluso tre delle otto richieste di costituzione di parte civile. Faranno parte del processo il Comune di Palermo (avvocato Roberto Saetta), le associazione Millecolori onlus, rappresentata dall’avvocato Federica Prestidonato; associazione nazionale Donne in rete contro la violenza, rappresentata dall’avvocato Elvira Rotigliano.
Parte civile anche: Le Onde, rappresentata dall’avvocato Maddalena Giardina; Biblioteca delle Donne centro di consulenza, sempre con l’avvocato Maddalena Giardina; Associazione Insieme a Marianna Aps (avvocato Alessandra Inguaggiato); Associazione contro tutte le violenze, rappresentata dall’avvocato Cinzia Manzella e l’associazione femminile La Casa di Venere con l’avvocata Roberta Anselmi.
Le associazioni escluse
Escluse, invece, l’associazione Emily, Mezzocielo e Mete che in una nota esprimono la loro amarezza: “Estromettere proprio le associazioni che fanno sensibilizzazione contro la cosiddetta ‘cultura dello stupro’ e in modo particolare perché agiscono anche sul piano politico, rivela che ancora non è abbastanza radicata la consapevolezza che la lotta contro la violenza di genere è principalmente culturale e che per incidere non può che passare da una forte azione politica. Le associazioni rappresentano la società civile e, in quanto tali, non possono restare fuori dalle aule giudiziarie perché sarebbe un fallimento dei principi delineati dalla Convenzione di Istanbul e dalle pronunce degli organismi internazionali”.
Ed ancora: “La linea difensiva, le sentenze e il racconto giornalistico generano cultura, quindi possono contribuire al cambiamento della mentalità e dei pregiudizi che stanno alla base della violenza oppure possono perpetuare la cosiddetta “vittimizzazione secondaria” della donna che ha subito la violenza, rovistando morbosamente nel suo passato, sugli stili di vita, sulla famiglia di provenienza e sulla maggiore o minore ‘disponibilità’ sessuale”.
“I processi sono processi ai colpevoli non alla vittima – conclude la nota -. Questo è un principio ineludibile che la società civile, attraverso le associazioni, chiede da anni che si applichi nelle aule giudiziarie senza più eccezioni”.
Gli accusati
Degli abusi sono accusati Angelo Flores (che riprese le violenze con il cellulare), Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia, Samuele La Grassa, Elio Arnao, tutti in carcere. In due hanno rinunciato a partecipare all’udienza.
La difesa della ragazza
“C’è una telefonata in entrata attorno all’una di una persona che fino ad oggi non è entrata nelle fasi di questo processo, che sarebbe durata alcuni secondi, e un messaggio della mia assistita attorno alle due. Sarebbero queste le prove che incrinerebbero la credibilità della giovane che assisto. A parte il fatto che la giovane era intontita, drogata e ubriaca e potrebbe non ricordare alcunché”. Sono le parole dell’avvocato Carla Garofalo che assiste la vittima dello stupro.
“Durante la violenza il cellulare le è caduto più volte e sarebbe stato Angelo Flores a tenerlo e a rispondere – aggiunge l’avvocata – la strategia della difesa è chiara. Quella di screditare la vittima come abbiamo visto in tantissimi processi dove ci sono donne vittime di violenza. Si sta cercando di mettere in pratica la vittimizzazione secondaria in modo da fare cedere i nervi, fare entrare in contraddizioni le vittime”.