I medici e le cimici nella clinica: "Abbiamo lavorato illecitamente"

I medici e le cimici nella clinica: “Abbiamo lavorato illecitamente”

Le intercettazioni dei carabinieri nell'inchiesta di Messina

MESSINA – Assunzioni di familiari, convenzioni milionarie con una fondazione che gestiva una clinica privata pagata con i fondi della Regione. Tutto passando da una convenzione con l’unità operativa di Neurologia del Policlinico di Messina. Ecco le intercettazioni agli atti dell’inchiesta dei carabinieri.

Le ipotesi degli inquirenti

Gli investigatori sostengono che gli indagati fossero “pienamente consapevoli” dell’assenza di accreditamento del centro Nemo Sud.

L’11 settembre del 2019 Alberto Fontana, fondatore della clinica, chiama Giuseppe Laganga, direttore generale del Policlinico, per concordare un incontro a Milano e parlare di persona del centro Nemo Sud.

Fontana vuole un “accreditamento diretto” del centro: secondo la Procura, gli indagati “erano consapevoli” del fatto che servisse un requisito “legale”.

La “consapevolezza”

È a questo punto delle intercettazioni che Laganga avrebbe mostrato la “consapevolezza” del fatto che l’attribuzione dei posti letto al centro clinico fosse irregolare.

In pratica, al Policlinico manca l’assegnazione dei posti di neuro-riabilitazione con il “codice 75”, contemporaneamente arriva un fiume di soldi verso un centro, il Nemo Sud, non accreditato.

Il commissario Bonaccorsi

Maggio 2021, le cimici e i software installati nei telefoni degli indagati registrano le reazioni alle prime dichiarazioni del commissario straordinario Giampiero Bonaccorsi. Bonaccorsi, nominato da Ruggero Razza, ex assessore alla Salute, vuole vederci chiaro e prova a bloccare l’operazione.

Alberto Fontana e Daniela Lauro, la vicepresidente della fondazione che gestiva la clinica Nemo Sud, discutono dell’imminente chiusura della clinica all’interno del Policlinico.

La Lauro è perplessa sulla liceità dell’assegnazione dei posti letto di riabilitazione al centro clinico “per la nota indisponibilità del codice 75”. “Abbiamo lavorato illecitamente – registrano i carabinieri mentre parla la Lauro – se lo andiamo a guardare dal punto di vista legale…come la risolvono se lo sanno solo loro visto che non hanno i posti letto di riabilitazione?”.

Pressioni contro il commissario

Nel giugno del 2021 Laganga contatta l’ex assessore alla Salute Ruggero Razza, non indagato. Il manager ripercorre la storia della clinica privata, partendo dalla convenzione firmata dall’assessore Massimo Russo.

“Non c’era una evidenza pubblica – dice Laganga – c’era un accordo di collaborazione in cui tutto veniva caricato, diciamo, a livello di Policlinico, quindi loro non fatturano, cioè non producono le Sdo RG e tutte sono del Policlinico”. Ma i costi, sottolinea il manager, “sono assolutamente documentati”.

La convenzione secondo Laganga

Per Laganga si tratterebbe di una “operazione incardinata all’interno della struttura complessa di Neurologia, non era in autonomia…quindi le fatture, le Sdo, le cartelle cliniche, i pazienti sono pazienti del Policlinico che li prende in carico, fa questo percorso, li certifica…”.

Ma questa ricostruzione non corrisponderebbe “alla realtà”, secondo i magistrati, perché “dalla convenzione – scrive il Gip – emerge chiaramente che il centro clinico fosse totalmente autonomo rispetto alla Neurologia del Policlinico”, anche perché l’integrazione nella direzione di Neurologia “non aveva alcuna giustificazione normativa”.

Il ruolo del fondatore

A questo si aggiunge che il ruolo operativo di Giuseppe Vita, il fondatore, “discendeva da un incarico a lui affidato dalla Fondazione Aurora”, e non dal Policlinico. Contemporaneamente, però, Vita sarebbe stato anche controllore pubblico della convenzione con l’azienda privata che dirigeva.

I dubbi di Razza

Parlando dei “codici 75”, Razza chiede: “Ma se il Policlinico non ha questa disciplina, come può farlo?”. Laganga risponde sostenendo che l’assessorato, nel passato, aveva “sanato” tutto con una autorizzazione.

Ma Razza insiste e vuole sapere come abbiano potuto autorizzare le prestazioni sanitarie; Laganga allarga le braccia, sostenendo che “la Regione ha preso atto e validato…eh questo non te lo so dire tesoro”. I vertici regionali, annota la Procura, non avrebbero mai “autorizzato la convenzione”.

Le lamentele

Laganga si lamenta con Giuseppe Pecoraro, ex commissario straordinario del Policlinico, del fatto che il commissario Bonaccorsi avrebbe sollevato un “polverone” e confida di essersi recato dall’assessore Razza e dal presidente Nello Musumeci per chiedere loro di intervenire su Bonaccorsi e “convincerlo a cambiare idea”.

Quando parla dell’assessore Razza, Laganga utilizza un “epiteto offensivo”, scrivono i carabinieri. “Sono andato a parlare con quel…di Ruggero. Gli ho detto, ‘ma senti, ma cioè, è normale sta cosa’?”.

Laganga avrebbe chiesto a Musumeci di far dare “una calmata” a Bonaccorsi e ricorda “l’espediente” utilizzato quando ricopriva il ruolo di commissario del Policlinico di Messina “per farsi attribuire il codice 75”.

“Mi sono fatto autorizzare un’unità operativa semplice dipartimentale di neuro-riabilitazione e ho chiesto la convenzione di alcuni posti di codice 56 e 75”. Tramite il dirigente La Rocca, l’assessorato “aveva autorizzato”.

Ma per il commissario Bonaccorsi il richiamo “all’autonomia gestionale” contenuto negli atti della Regione non sarebbe sufficiente a garantire la prosecuzione dell’attività.

Bonaccorsi blocca tutto

I carabinieri registrano la conversazione in cui il commissario Bonaccorsi annuncia ad Alberto Fontana che avrebbe bloccato la collaborazione con la Fondazione Aurora per i “profili di grave illegittimità rilevati nel rapporto contrattuale col Policlinico”.

“Ma con quel tipo di rapporto contrattuale – dice Bonaccorsi – io non posso continuare perché è illegittimo. Per tre o quattro profili. Non parlo di aspetti penali, no, non c’entrano. Per Bonaccorsi, il rapporto tra Policlinico e Fondazione non avrebbe “fondamento”.

I carabinieri registravano, in ballo ci sono 11 milioni di euro, movimenti bancari e presunti favori. Poi sono scattate le misure. Tra gli indagati c’è anche l’assessore alla Sanità Giovanna Volo.

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