AGRIGENTO- Tutta Agrigento si ferma per l’ultimo saluto a Patrizia Russo, l’insegnante uccisa dal marito a coltellate lo scorso 16 ottobre in un appartamento a Solero, piccolo centro alle porte di Alessandria.
La commozione ai funerali
Centinaia di persone hanno preso parte ai funerali della docente, celebrati dal vicario generale don Giuseppe Cumbo nella chiesa Sacro Cuore delle Rocche. Commozione, rabbia, lacrime. Davanti la parrocchia c’è chi accusa un malore. Un dramma tutto agrigentino. In prima fila i figli di Patrizia, Francesco e Giuliana.
In pochi attimi hanno perso entrambi i genitori: la madre, vittima di inaudita violenza; il padre, trasformatosi in omicida. Le loro facce segnate dal dolore, il cuore pieno di amore.
“Ciao mamma”
“È stata portata via da un atto di violenza insensato, un gesto atroce. Non ci sono parole per descrivere il senso di ingiustizia che proviamo – ha detto il primogenito – lei meritava solo amore e invece è stata vittima di un volere che non potremo mai comprendere. Noi figli adesso affronteremo una realtà tanto difficile senza di lei ma lo faremo come ci ha insegnato, portando il suo amore. Ciao mamma.”
Due comunità, Agrigento e Solero, unite dal ricordo di Patrizia Russo. Ai funerali, oltre all’amministrazione comunale della Città dei templi, hanno partecipato anche il sindaco ed il parroco di Solero.
Omelia e lacrime
“Dinanzi al mistero della morte di una innocente si sta in silenzio, si riflette, si piange” – ha detto don Giuseppe Cumbo durante l’omelia – “Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: “Non piangere!”. Desidero immaginare così l’incontro tra Gesù e Patrizia. Vedendola arrivare alle porte del Paradiso il Signore sarà stato preso da grande compassione per lei e le avrà detto:“Non piangere!”.
Un passaggio è dedicato anche a Giovanni Salamone, marito e padre trasformatosi in un batter di ciglio in omicida: “Ci conceda il Signore di fermare tutto ciò che è portatore di morte. Ci aiuti a comprendere che la violenza non risolve i problemi anzi li amplifica e che ogni forma di chiusura mentale e relazionale è l’anticamera di un tunnel che non ci farà mai vedere la luce”.
E ancora: “Ci aiuti a comprendere che tante ‘risurrezioni‘ passano attraverso la nostra capacità di cogliere e decifrare ogni minimo segnale di disagio e offrire relazioni efficaci di aiuto, per scongiurare il peggio; e che, quando il peggio è avvenuto, passano anche dalla nostra disponibilità a perdonare, senza per questo giustificare il male o diventare complici di chi lo compie”.