PALERMO – La difesa segna un punto a favore. La chiave del garage-alcova di Matteo Messina Denaro apre anche il lucchetto di un cancello a cui si accede ad un uliveto nelle campagne di Campobello di Mazara.
Una coincidenza? Potrebbe, ma la prova perde valore. È pur vero che nei confronti dell’operaio Andrea Bonafede, ce ne sono altre e ben più pesanti che hanno già portato alla condanna per il favoreggiamento aggravato di Matteo Messina Denaro.
Si sta svolgendo il processo di appello. La Procura di Palermo e quella generale sono certe di avere in mano carte sufficienti per dimostrare che Bonafede sia un associato mafioso. È stato Bonafede ad aiutare il capomafia di Castelvetrano nella delicata fase delle visite e dell’operaziona eseguite all’ospedale di Mazara del Vallo.
Quattro chiavi e un mistero
Dopo l’arresto del latitante i carabinieri hanno trovato decine e decine di chiavi. Quattro li hanno condotti nei garage di via Castelvetrano a Mazara del Vallo.
Una era nella Giulietta usata dal padrino e apre i quattro cancelli da cui si accede all’area dei garage e al cortile condominiale del complesso residenziale. Un’altra la teneva la fidata vivandiera Lorena Lanceri e anche questa apre i quattro accessi pedonali.
L'”alcova” di Messina Denaro
Andrea Bonafede, l’operaio comunale, e Rosalia Messina Denaro, sorella del latitante, avevano altre due chiavi di altrettanti garage nella disponibilità dei fratelli Giuseppe e Sabrina Caradonna. Da uno di essi si accede ad un locale attrezzato come un mini appartamento. Subito si è pensato ad un covo o ad un’alcova.
Tale l’ha definita Bonafede, omonimo del geometra che ha prestato l’identità al padrino e fratello di Emanuele, il marito di Lorena Lanceri. Il 24 ottobre i pm di Palermo sono andati ad interrogarlo (leggi l’interrogatorio).
“Sicuro al 100% che non avevo le chiavi di questo covo di Mazara del Vallo… anche perché se era un’alcova io avevo le chiavi del cancello?”, ha spiegato Bonafede. La moglie ha portato una sfilza di lucchetti ai carabinieri e si è scoperto che la chiave ne apre uno. L’avvocato di Bonafede, Tommaso De Lisi, ha portato in aula la prova favorevole al suo assistito.