PALERMO – All’inizio erano poco più di venti dirigenti e un gatto. Il felino si chiamava Platini, si accomodava sulle ginocchia di Gianfranco Micciché e sparì dalla scena quasi subito, morendo durante la prima campagna elettorale targata Forza Italia. I dirigenti, invece, sotto i riflettori ci sono rimasti a lungo: i “forzisti” della prima ora, del resto, riuscirono a portare in pochi mesi un partito neonato al 40% in una città come Palermo, facendo quasi bottino pieno (35 deputati su 41) nei collegi siciliani. Ma adesso, nel giorno in cui Silvio Berlusconi abbandona per la prima volta dopo vent’anni il Parlamento, fra i pionieri del 1994 pochi sono rimasti alla sua corte, e più in generale sulla scena politica.
C’era, e c’è ancora, Marcello Dell’Utri. Il senatore ed ex-socio di Publitalia ’80, oggi rimasto fra le fila dei “falchi”, però, a sentire i protagonisti dell’epoca, in Sicilia si vide poco: era a Milano, e da lì “smistava” i responsabili regionali della concessionaria pubblicitaria nei ruoli-chiave del partito. Era invece molto più presente nell’Isola Antonio Martino, anch’egli tornato in Forza Italia e oggi deputato: attivo sin dalla prima ora e poi “premiato” con il ministero degli Esteri, il politico messinese partecipò alla prima riunione segretissima della primavera 1993 e costruì l’ossatura del partito nella Sicilia orientale. Poi c’era Micciché, ovviamente: l’attuale, ritrovato, leader dei falchi era coordinatore della Sicilia occidentale, mentre la parte orientale dell’Isola era stata affidata a Giuseppe Catania (che adesso, invece, non è più in Parlamento). Con loro una manciata di gregari dal buon patrimonio di voti: Eugenio Randi (poi divenuto deputato per qualche mese all’inizio del 2013), il coordinatore dei club Salvo La Porta, Enrico La Loggia, Cristina Matranga, Ilario Floresta, Marianna Li Calzi e, appena qualche settimana dopo, Francesco Musotto. Di questo gruppo, ormai rimasto un po’ in disparte rispetto all’agone politico, faceva parte pure Tonino D’Alì, che in Parlamento c’è ancora e che oggi ha scelto la sponda alfaniana.
Il regista e drammaturgo Aldo Sarullo, invece, faceva da ideologo, da comunicatore e da “commissario tecnico”: c’è chi racconta di “provini” con metodi mutuati dal teatro per selezionare i candidati, ai quali seguì un “addestramento”. Ne venne fuori una squadra di cui facevano parte Francesco Cascio (oggi deputato regionale alfaniano), Mario Ferrara (che tornerà in Forza Italia al seguito di Micciché), Rocco Crimi (deputato nazionale e “falco”), Stefania Prestigiacomo (fra i neo-forzisti alla Camera), ma anche altri esponenti che oggi non sono più in Parlamento: Alberto Acierno, Basilio Germanà, Silvio Liotta, Filadelfio Basile, Nino Beninati, Francesco Stagno d’Alcontres e Giacomo Baiamonte.
Angelino Alfano, invece, era ancora troppo giovane. Era già consigliere provinciale ad Agrigento, però, e in questa veste, un giorno del 1994, andò al Senato per presentarsi a Enrico La Loggia: due anni dopo, appena ventiseienne, sarebbe entrato all’Ars. Quel giorno, a Palazzo Madama, non lo accompagnò invece il suo “gemello” dell’epoca, Michele Cimino: “gemello” perché giovanissimo come Alfano, come lui consigliere provinciale ad Agrigento e come l’attuale segretario pronto a prendere la tessera già nel 1994. Oggi Cimino fa parte della maggioranza che sostiene Rosario Crocetta all’Ars, dove invece non c’è più un deputato che nel 1994 aveva un peso specifico decisamente maggiore: si tratta di Salvo Fleres, che all’epoca era già parlamentare regionale con il Pri, ma da subito dichiarò di voler far parte del nuovo partito. Sempre nei primi giorni, ma con un ruolo minore in provincia, arrivò Nino Mandalà, che qualche anno più tardi sarebbe finito sotto inchiesta per mafia.
Gli altri, invece, aderirono più tardi. Pippo Fallica, anch’egli non più in Parlamento, arrivò subito dopo le Politiche, mentre nel 1995 approdarono a Forza Italia Renato Schifani, oggi uno dei massimi leader del Nuovo Centrodestra, e Diego Cammarata, tornato semplice cittadino dopo essere stato sindaco di Palermo. Poi, nel 1996, arrivò una pletora di aspiranti deputati regionali e nazionali: Simona Vicari (oggi senatrice alfaniana), Alessandro Pagano (adesso fra le “colombe” di Montecitorio), Dore Misuraca (anch’egli nel gruppo Ncd alla Camera) e Francesco Scoma (oggi senatore forzista) sono ancora in Parlamento, dove invece non ci sono più Giuseppe Provenzano, Franco Catania, Nino Croce, Gaspare Giudice (morto nel 2009), Ugo Grimaldi, Innocenzo Leontini (che ha mancato l’elezione al Senato nelle liste del Pid), Guglielmo Scammacca della Bruca e l’ex presidente dell’Antimafia Roberto Centaro. Ma quando arrivarono loro, Forza Italia e il berlusconismo erano già una certezza della politica italiana. E il gatto Platini non c’era più.
Non solo Micciché e Dell'Utri: ecco che fine hanno fatto i berlusconiani del '94.
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