PALERMO – Il disegno di legge salverà le imprese. Ma quali imprese? Il dubbio serpeggia ormai da giorni in commissione bilancio. E non accenna a svanire. “Questo disegno di legge, per quanto mi riguarda, può restare in commissione finché non avremo gli opportuni chiarimenti”, avverte il deputato Pdl Vincenzo Vinciullo. Che della commissione bilancio, per intenderci, è il vicepresidente.
I chiarimenti richiesti dai deputati, su tutti lo stesso Vinciullo, ma anche il vicecapogruppo del Pdl Marco Falcone e dei due esponenti grillini in commissione, Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca riguardano la destinazione di uno stanziamento complessivo di oltre 953 milioni di euro. Soldi che la Regione, facendo seguito al via libera di un decreto nazionale dell’aprile scorso, ha ricavato attraverso l’accensione di un mutuo trentennale con la Cassa depositi e prestiti. Mutuo che verrà pagato dai siciliani, in comode rate da 63 milioni l’anno per 30 anni. Un mega-mutuo al tasso di interesse variabile del 4,3%. Che alla fine costerà all’Isola quasi più del doppio della cifra finanziata: oltre 1,9 miliardi di euro.
Tutto questo, per “salvare le imprese”. Il ddl, per intenderci, destina quei fondi alla pubblica amministrazione per potere onorare i debiti nei confronti dei propri fornitori. Una norma sacrosanta, che potrebbe rimettere in moto l’economia siciliana, dove aziende e piccole imprese hanno sommato, agli effetti della crisi, i ritardi o i mancati pagamenti della pubblica amministrazione appunto.
A dire il vero, i due terzi di quei 953 milioni (circa 606 milioni) andranno alle Aziende sanitarie provinciali siciliane. Sono queste, soprattutto, quindi, a dover onorare i debiti con i fornitori. I restanti 347 milioni dovranno essere suddivisi tra Enti locali (Comuni, sopratutto) e Regioni. Ai primi spetterà una “fetta” non superiore ai due terzi di quei 347 milioni complessivi.
Ma quali imprese saranno destinatarie degli interventi? Il dubbio rimane. “Abbiamo da tempo richiesto l’elenco – ha detto Marco Falcone – ma il governo non ce l’ha ancora fornito”. “Se non avremo l’elenco con i nomi delle ditte – ha incalzato Vinciullo – la Regione dovrà fornirci comunque alcuni elementi in più”. Uno in particolare. I deputati vogliono sapere se le aziende a cui andranno i soldi hanno sede legale in Sicilia, oppure no. E in che proporzione le aziende destinatarie dei soldi frutto del mutuo sono invece aziende extrasiciliane se non addirittura straniere.
“Non è un aspetto secondario”, spiega il vicepresidente dell’Ars Salvo Pogliese. E non solo per questioni di “campanilismo”. “Se il pagamento è rivolto a imprese siciliane – spiega Pogliese – avremmo il ‘mantenimento’ dell’Iva nell’isola, non vorremmo invece che tutto questo si rivelasse un grande favore alle imprese del Nord”.
Eccolo lo spettro che da tempo aleggia sulla commissione bilancio. Il “salva imprese”, insomma, potrebbe chiedere un enorme sacrificio alla Sicilia (un mutuo trentennale, dicevamo, da oltre 5 milioni di euro al mese), in cambio di benefici non interamente rivolti ai siciliani. Un sacrificio che, tra l’altro, secondo i deputati del Pdl (area Forza Italia) sarebbe anche evitabile.
“Il maxi-mutuo – spiega infatti Falcone -potrebbe essere evitato da misure alternative, ma di certo non può essere ‘pagato’ attraverso il mantenimento dell’aumento dell’addizionale Irpef e Irap. In ogni caso il mutuo a nostro parere dovrà essere a tasso fisso al 3,70% attraverso la Cassa depositi e prestiti, e non a tasso variabile che parte dal 4,3% come è scritto nella proposta del governo”.
Il mantenimento dell’aumento di Irpef e Irap cui fa riferimento Falcone è quello deciso dal passato governo per sostenere il “piano di rientro della Sanità”. Una maxi-manovra che ha consentito prima con Massimo Russo, ora con Lucia Borsellino, di ripianare già due terzi del “buco” da 330 milioni. Proprio per “riempire” quel buco la Regione decise di aumentare l’Irpef di mezzo punto (dall’1,23 all’1,73%) e l’Irap dal 4,85% al 5,25%. In “soldoni” si tratta di tasse nei confronti dei siciliani che ammontano, per il 2013, a circa 190 milioni per l’Irpef e quasi 128 milioni per l’Irap. “Tasse che i siciliani non dovrebbero più pagare – incalza Falcone – visto che ormai quel buco della Sanità si è ridotto a poco più di cento milioni”.
Così, ecco la proposta alternativa, che verrà rilanciata in commissione. Riportare l’Irap al livello precedente al Piano di rientro e abbassare l’Irpef di quasi 0,1 %. “Ciò comporterebbe – spiega Falcone – un risparmio di 30 milioni per i cittadini siciliani e di 128 milioni per le imprese”. Nel bilancio, però, mancherebbero proprio quei 158 milioni: “Che alla Regione tornerebbero certamente, anzi in una quantità maggiore – insiste Falcone – sotto forma di Iva, visto che le aziende a quel punto riceverebbero le somme per le quali vantano un credito”. Per Santi Formica addirittura, il ddl salvaimprese sarebbe “un provvedimento-truffa”. “Il governo – ha spiegato – ci propina un ulteriore mega-mutuo mantenendo la tassazione aggiuntiva per la Sanità”.
Ma quella in commissione, ovviamente, non è solo una guerra di numeri e dati. Se ci sono dei crediti da vantare, infatti, ci sono dei debiti da colmare. Debiti che hanno comunque un padre o una madre. Che sono stati creati, insomma, da qualcuno. “Proprio così – spiega Vinciullo – proprio per questo in commissione da tempo chiedo che le Asp ci forniscano alcuni dati ufficiali. Mi riferisco all’entità del debito, Asp per Asp. E, se comprendo le cautele nel fornire il nome delle ditte, ci devono comunque certificare quanti, di quei crediti, sono vantati da ditte con sede legale in Sicilia. Io comunque presenterò un ordine del giorno col quale impegnerò il governo a dare una priorità nei pagamenti alle aziende siciliane”. Ma c’è sempre la questione della “paternità” dei debiti. “Quei dati – insiste Vinciullo – vanno inviati alla Corte dei conti e, secondo me, dovrebbero anche essere consegnati alla Procura competente. Non è possibile che si parli di crediti e non si faccia il nome e il cognome di chi ha creato i debiti”.
“Vogliamo vedere le carte – insiste la deputata del Movimento cinque stelle Claudia La Rocca – visto che questo mutuo lo pagheremo tutti, per trent’anni. Pretendiamo di avere, come è previsto dal decreto nazionale, il piano di pagamento dei debiti che comprende l’elenco dei fornitori che saranno pagati e i relativi importi”. “Da tempo – le fa eco il collega ‘a cinque stelle’ Giorgio Ciaccio – chiediamo i documenti. Ma ancora non abbiamo visto nulla. Vogliamo sapere quali sono le aziende creditrici, o quantomeno le macroaree interessate. E vogliamo che qualcuno ci spieghi come si sono creati questi debiti”. Ieri il governo avrebbe consegnato in commissione i primi documenti ufficiali. Che evidentemente non hanno convinto i deputati: “Quella è munnizza – taglia corto Vinciullo – così com’è, il ddl ‘salvaimprese’ in Aula non arriverà mai”.