PALERMO – Si alzano di buon mattino, arrivano al lavoro, timbrano il cartellino – nella sede di via Tiro a Segno 62 – e lì trascorrono il resto della giornata, con le braccia conserte, tra due passi in cortile e quattro chiacchiere all’aria aperta. Sono gli operai addetti alle mansioni “pericolose” del Cantiere municipale di Palermo – una novantina – che da quattro mesi non possono alzare un dito per un cavillo burocratico: al cantiere infatti da gennaio, dopo l’esautorazione di Sergio Pollicita, manca un dirigente, qualcuno insomma che disponga gli ordini di servizio e le visite mediche indispensabili per lo svolgimento di determinate mansioni. E così da gennaio fabbri, falegnami, elettricisti, meccanici, idraulici sono tutti disponibili ma non possono effettuare i servizi esterni, devono rimanere dentro gli uffici fino alla fine dell’orario di lavoro, anche solo alzare una sedia potrebbe essere rischioso. Ad essere all’opera, al momento, solo il cosiddetto personale “amministrativo” (autisti, portieri).
“Siamo agli arresti domiciliari – ripete uno degli operai presenti questa mattina in via Tiro a Segno – qui dentro si impazzisce. Guardi, almeno ci concedono l’ora d’aria – ironizza indicando i colleghi presenti fuori, a ridosso della portineria – ci considerano fannulloni, parassiti ma, dal canto mio, le posso dire che fremo per uscire da qui e tornare a svolgere il mio lavoro nell’orario che mi spetta. Con le mani in tasca non ci so stare, perdo la testa”.
“Siamo obbligati a stare dentro queste quattro mura, giorno dopo giorno – aggiunge un’altro – il cantiere è fermo, bloccato da troppo tempo, si tratta di sei-sette mesi, non quattro come è stato detto”.
Per far quadrare i conti e rendere la situazione più chiara bisogna tornare indietro, allo scorso novembre quando – in seguito ai rilievi dei carabinieri dell’Ispettorato al Lavoro al Coime – la mancanza di visite mediche e corsi di formazione aveva già imposto lo stop ai cantieri con il Comune (ovvero i datori di lavoro) costretto a rivolgersi a ditte esterne per regolarizzare il tutto. Sarebbero poco più di una decina i lavoratori in regola in questo momento su un centinaio destinato a queste mansioni considerate a “rischio infortunio”.
“Le visite le abbiamo sostenute e passate più o meno tutti a gennaio – spiega uno degli elettricisti – ma nessuno fa nulla da allora, i nostri amministratori, strano ma vero, non riescono a venirne a capo”. Che le visite mediche siano state sostenute tutte o meno, insomma, non fa differenza. Ad essere necessaria l’obbligatoria presenza di un datore di lavoro che revochi l’interdizione adottata all’epoca da Pollicita, risolvendo l’inghippo. E intanto in via Tiro a Segno il personale si “annoia” da mesi in attesa che si dipani questa incredibile matassa burocratico-amministrativa.