PALERMO – C’è il viadotto Himera, è chiaro. Ma ci sono 55 persone rimaste senza una casa a Caltanissetta, due a Piazza Armerina, 79 a Bisacquino, 10 a Gaggi, quelli di Castellammare del Golfo e Salemi, e poi una ragnatela di piccoli e grandi cedimenti: i quattro edifici sgomberati a Bolognetta, i danni da oltre 53 milioni alle strade provinciali del Messinese, persino il tetto del municipio di Buscemi.
È la mappa di una Sicilia che sprofonda, quella che lunedì l’assessore Maurizio Croce metterà sul tavolo delle trattative con la protezione civile nazionale: saltata la scadenza che il ministro degli Interni Angelino Alfano aveva fissato per questa settimana, con l’annuncio forse un po’ troppo ottimistico di un’emergenza da proclamare nel Consiglio dei ministri di ieri, l’11 maggio il responsabile del Territorio nella giunta Crocetta porterà a Roma il rapporto di 186 pagine stilato dal capodipartimento Calogero Foti (LiveSicilia lo pubblica integralmente qui) per ottenere una pioggia di milioni. Una stima che, in questa trattativa impostata al rialzo da Palermo, sta persino aumentando: “Un mese fa – dice Foti – credevamo che il danno fosse di 316 milioni. Ora ammonta a oltre 345. Certo, non tutti possono essere trattati come situazioni di emergenza. Ma non c’è solo il viadotto Himera”.
Nel giorno della mancata emergenza, a Palermo, però, tutti gettano acqua sul fuoco. Ad aprire le danze ci pensa il presidente della Regione, che parla di “attenzione emersa con chiarezza” a Roma su tutto il dossier, di un’“istruttoria tecnica che verrà conclusa a breve” e di una discussione serena. “Si deduce con molta chiarezza – detta alla stampa con uno dei consueti comunicati Rosario Crocetta – che non ci poteva essere alcun provvedimento incardinato nella seduta del Consiglio dei Ministri di oggi, per il semplice motivo che l’istruttoria tecnica deve essere completata”. Eppure, appena quattro giorni fa, a sbilanciarsi era stato un ministro di peso, appunto il titolare del Viminale. Nel frattempo, però, è arrivata una frenata: del rischio idrogeologico in Sicilia, del resto, non c’è traccia né nella convocazione della seduta di oggi del Consiglio dei ministri né nel comunicato conclusivo. Insomma: non se n’è proprio parlato. Ma no: per Foti, come per Crocetta, “non c’è dissenso col dipartimento nazionale. Semplicemente le leggi prevedono una serie di passaggi. Serviranno ancora dieci giorni circa”.
Agli atti rimane appunto il dossier. Corposo, documentatissimo e con un’ampia rassegna stampa in coda: vi si dipinge una Sicilia squassata da seimila frane per le piogge di febbraio e marzo, con danni in 24 comuni della provincia di Agrigento, 16 del Nisseno, 9 del Catanese, undici dell’Ennese, 22 del Messinese, 54 della provincia di Palermo, otto del Ragusano, altrettanti del Siracusano e dieci della provincia di Trapani. “Alcune frane – spiega Foti – sono prioritarie quanto il viadotto Himera. La Sicilia deve intervenire subito”. E, per dirlo con le parole della relazione, “la situazione non può essere fronteggiata con le sole risorse regionali, né con mezzi ordinari”. Insomma, ancora una volta dovrà pensarci Roma.