PALERMO – Da oggi Giovanni Falcone riposerà nel cuore della città. Sotto gli occhi dei palermitani che hanno affollato la chiesa di San Domenico in occasione della cerimonia solenne per lo svelamento della sepoltura. “Magistrato. Eroe della lotta alla mafia”, recita l’epitaffio sulla pietra tombale posta davanti al monumento funebre che ricorda il giurista Emerico Amari. Accanto all’iscrizione, altre due lapidi commemorative delle stragi di Capaci e via D’Amelio, con le quali la fondazione Falcone ha voluto rendere omaggio alle vittime dei due attentati mafiosi: Francesca Morvillo, moglie del giudice Falcone, il magistrato Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano.
La salma del magistrato ucciso da Cosa nostra il 23 maggio del 1992 era stata trasferita il 3 giugno dalla cappella di famiglia nel cimitero di Sant’Orsola alla chiesa di San Domenico, che dal 1853 è diventata il pantheon dei siciliani illustri. Sul blocco in pietra è inciso anche quello che viene ritenuto il testamento spirituale di Falcone: “Gli uomini passano. Le idee restano, restano le loro tensioni morali che continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini. Ognuno di noi deve continuare a fare la sua parte, piccola o grande che sia”.
“In questo luogo pubblico il visitatore potrà rivolgere un pensiero o una preghiera per lui e per tutti coloro che hanno sacrificato la vita per le istituzioni libere e democratiche del nostro Paese, così come, a contatto con le sue spoglie mortali, potrà essere richiamato più vivamente al valore che lui ha incarnato: l’impegno personale e istituzionale nella lotta contro la mafia in una vita spesa al servizio della legalità”, ha detto padre Sergio Catalano, prima dell’omelia del cardinale Paolo Romeo. Tante autorità presenti, a partire dal presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi, per continuare con il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, il sindaco Leoluca Orlando. Sui banchi di destra, tra i familiari delle vittime di mafia, poco distanti da Maria Falcone, Giuseppe Ayala, i coniugi Agostino, l’assessore regionale Lucia Borsellino, Tina Montinaro, il magistrato Leonardo Guarnotta. A celebrare la cerimonia, aperta a tutti i cittadini, l’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo.
“Il futuro, di cui tutti siamo responsabili, è nelle nostre mani e dobbiamo consegnarlo alle nuove generazioni. Oggi cosa è cambiato nella nostra Isola? Ci sono sprazzi di luce, orizzonti di speranza, ma credo tuttavia che molto rimanga da fare a tutti i livelli”, ha detto Romeo. Così come di fronte a questi delitti nessuno di noi può ritenersi estraneo o indifferente, a livello politico, sociale, civile, amministrativo e religioso”. Il cardinale ha ricordato le parole pronunciate nella stessa chiesa dal cardinale Pappalardo, il 25 maggio di 23 anni fa, durante i funerali di Stato del giudice Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti di scorta: “Non possiamo subire il male e rassegnarci a quanto deturpa l’immagine della nostra Isola – aveva detto Pappalardo – È necessaria una profonda e salutare reazione liberatrice da ogni potere criminale e mafioso. Quelle del cardinale Pappalardo erano parole gonfie di dolore – ha aggiunto Romeo – di una città che piangeva. Nonostante il trascorrere del tempo le idee del giudice Falcone, le sue parole, il suo esempio, sono da sprone per tutti noi. Il suo impegno sia memoria perenne per le generazioni future”.